Magnifico Cilento: storia e tradizioni da Paestum a Giungano.

Magnifico Cilento: storia e tradizioni da Paestum a Giungano.

16 Agosto 2019 Off di Dario Tomasiello

“CisAlentum, è nù paccio chi nun crere int’ a sta terra”.

Così recita il motto di una delle numerose aziende vitivinicole del Cilento, Pippo Greco, a dimostrare l’incredibile ricchezza del Cilento, immenso territorio compreso nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni dichiarato patrimonio mondiale UNESCO.

E a ben vedere, poiché il valore dal punto di vista storico e paesaggistico è inestimabile: tra i colli colmi di uliveti si nascondono ancora testimonianze risalenti all’Età della Pietra mentre altrove le più antiche città sfoggiano liberamente templi e altri capolavori della cultura greca, invece sulle alture più elevate spuntano piccoli borghi medievali talvolta con un austero castello a guardia della magnifica costiera cilentana.

Il contesto rurale dal fascino unico resiste all’abbandono grazie alle tradizioni popolari che vengono mantenute e mostrate ai “forestieri” con feste, balli, canti e tante prelibatezze da gustare. Ovviamente il cibo è un elemento fondamentale della cultura locale in cui troviamo il fico bianco, l’olio extravergine, i ceci, i peperoni e altre delizie.

Panorama da Trentinara.

Scoprire la grandezza del Cilento non è facile ma è possibile impostando come punto di partenza la meta più ambita dal turismo internazionale: Paestum. Le prime tracce di abitato risalgono alla preistoria ma il vero nucleo cittadino si formò verso la metà del VII secolo a.C. per scelta della polis di Sibari la quale volle costruire una serie di sub-colonie per favorire il commercio della Magna Grecia nei pressi della foce del fiume Sele. Tale decisione fu effettivamente fruttuosa, il villaggio chiamato Poseidonia (in onore di Poseidone) crebbe raggiungendo periodi di grande splendore come testimoniano gli imponenti templi dedicati alle divinità di Hera, Atena e Nettuno.

Il tempio di Nettuno e, sullo sfondo, di Hera.
Il cavallo di sabbia di Mimmo Paladino e il tempio di Hera.
La maestosità del tempio di Nettuno.
Il tempio di Atena.

Tra il 420 e il 410 a.C. i Lucani presero il sopravvento sui Greci e cambiarono il nome della città in Paistom, ma non fu il preludio della rovina: sebbene i cittadini rimpiansero le loro origini, gli edifici greci non vennero rimossi o alterati e l’economia continuò a crescere nel settore dell’artigianato. Nel 273 a.C. fu l’Impero Romano a colonizzare il centro cambiandone il nome in Paestum, imponendo nuove leggi e realizzando numerose opere pubbliche (come il Foro e l’Anfiteatro) che mutarono parzialmente l’aspetto originario della città.

L’anfiteatro di epoca romana.
Le rovine lasciano un brivido sulla schiena.
I resti dell’Agorà.
L’Ekklesiasterion con il tempio di Atena sullo sfondo.

Anche durante l’epoca romana il benessere fu costante ma negli anni successivi gli abitanti dovettero fare i conti con una grave calamità: l’impaludamento delle zone circostanti a causa del fiume Salso che non riusciva a defluire regolarmente per colpa del progressivo insabbiamento della foce. Nonostante gli sforzi dei cittadini innalzando il livello delle strade e realizzando canali di scolo, il destino di Paestum era segnato e gli abitanti furono costretti a rifugiarsi sulle colline dove venne fondata l’attuale Capaccio.

Dopo un lungo periodo di abbandono, eruditi e grandi artisti del ‘700 scoprirono la bellezza celata delle rovine di Paestum esaltandola in dipinti, disegni e opere descrittive che esortarono a compiere i primi “timidi” scavi fino agli anni ’60/’70 quando vennero alla luce resti importantissimi (come la famosa Tomba del Tuffatore) tutt’ora conservati al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

Oggi tutte le scoperte storiche sono concentrate all’interno di una piacevole area pedonale che concede anche ghiotte opportunità al palato tra ristoranti e gelaterie (valido esempio è la Gelateria Museo) per un ottimo gelato artigianale a base di fichi bianchi locali.

Contro la calura estiva un buon gelato ai fichi è quel che ci vuole.

Qualche rigo più sopra è stata menzionata Capaccio, piccolo comune sovrastato dai monti Soprano e Sottano il cui abitato originario dei primi anni 1000 fu completamente raso al suolo da Federico II di Svevia come reazione contro la famiglia Sanseverino che si opponeva al Re.

Nonostante le dispute tra feudi, la piccola città riuscì a crescere soprattutto nel ‘700 con la costruzione della pregevole Fontana dei Tre Delfini e di palazzi gentilizi ancora visibili anche se in uno stato non proprio decoroso. Vanto del comune sono la figura storica di Costabile Carducci, patriota rivoluzionario durante i Moti Cilentani, e le chiese quali il Santuario della Madonna del Granato e la Chiesa di San Pietro Apostolo, quest’ultima più apprezzabile dal punto di vista estetico anche se non della stessa importanza religiosa e storica dell’altra.

Lo sfavillante interno barocco della chiesa di San Pietro Apostolo.
La Torre Campanaria di Capaccio.
Un tranquillo vicolo dove regna la pietra.

Dettagli del balcone di un palazzo gentilizio.

Prima di proseguire verso altre mete del Cilento più nascosto converrebbe riflettere su una possibile pausa luculliana data la massiccia presenza di strutture ristorative vicine alla costa. C’è l’imbarazzo della scelta partendo da locali premiati con la stella Michelin come Osteria Arbustico all’interno del raffinato Hotel Royal e Le Trabe Tenuta Capodifiume costruita in un antico mulino e circondato da un magnifico parco; altre alternative di altissimo livello sono Casa Coloni e Borgo La Pietraia Food i quali propongono una cucina sofisticata in ambienti paradisiaci con l’opportunità di pernottare presso i relativi alberghi. Ma la qualità si trova anche in ristoranti meno avvezzi alla raffinatezza esasperata come Nonna Sceppa e Laura Cucina & Pizza a poca distanza l’uno dall’altro, mentre per gustare la miglior mozzarella di bufala in varie consistenze si può far riferimento al ristorante del noto caseificio Barlotti.

Di particolare eleganza è Casa Coloni, ristorante che fiancheggia la storica Tenuta Duca Marigliano. Pochi posti a sedere sia all’esterno che all’interno per una elevata cura nel dettaglio da parte della brigata sempre presente, cortese e altamente professionale. Il menù propone piatti della tradizione rivisitati magistralmente dallo chef Luigi Coppola con eccellenti materie prime tratte dal proprio orto; ruolo di prestigio svolge anche la carta dei vini ricca di cantine note e meno note da scoprire insieme al lodevole wine expert.

Crackers, grissini e taralli da accompagnare con il burro.
Il pane fatto in casa.
Piccolo entrée: interpretazione di bufala sotto forma di finto pomodoro.
Capasanta con patè di olive, pomodori e melanzane.
Spaghettone con cozze, patate e trito di gamberi e pomodori all’uscita.
Spigola scottata su millefoglie di patate con spuma di olio.
Bavarese allo yogurt di bufala, cocco e ananas con croccante mandorlato.
Piccola pasticceria finale.

Quando si avvicina il tramonto, un luogo in particolare può regalare scorci di emozionante bellezza grazie alla sua esposizione: si tratta di Trentinara, borgo medievale dai tratti romantici famoso per la Terrazza del Cilento dalla quale si può godere di un panorama maestoso comprendente i Templi di Paestum, la Piana del Sele, il Golfo di Salerno e persino l’Isola di Capri.

Panorama dalla Terrazza del Cilento.
Un romantico tramonto.

La sua storia è perlopiù dettata da numerosi cambiamenti di proprietà, concessioni ed espropri durante l’epoca feudale per poi far parte del Distretto di Campagna agli inizi dell’800, un avvicendarsi di episodi comune a molti altri paesi del circondario. La bellezza maggiore sta nel fascino rurale del centro storico che rapisce e riporta indietro nel tempo mentre anzianotti curiosi osservano i nuovi arrivati.

La nuda pietra delle abitazioni di un tempo.
Suggestivo arco con orologio in Piazza San Nicola.
Cunicoli e vicoli a bizzeffe.

Nel centro antico si nascondo graziose taverne ed enoteche.
Profondo silenzio durante le ore pomeridiane.
Alla luce della sera, l’atmosfera del borgo diventa surreale.

Il suggestivo vicolo Forno Antico.

Visitare i borghi del Cilento è un’occasione anche per partecipare a sagre e feste tradizionali che si tengono solitamente a Luglio ed Agosto di ogni anno. Musica, balli, piccole mostre della civiltà contadina e, soprattutto, tanto cibo sono le caratteristiche che rendono tali eventi imperdibili.

A Trentinara è famosa la Festa del Pane mentre la vicina Giungano presenta la storica Festa dell’Antica Pizza Cilentana e, generalmente, offrono il meglio dal punto di vista gastronomico poiché tutto viene cucinato al momento e con materie prime a km 0.

Pizza cilentana con fiori di zucca.
Un momento affollato durante la Festa della Pizza Cilentana a Giungano.
La tenue luce notturna.
Frittelle ripiene con fiori di zucca.
Una soffice pizza fritta.

Nelle giornate più tranquille, Giungano è un grazioso borgo da scoprire tutto d’un fiato passeggiando per la caratteristica Via Roma. L’abitato, recentemente ristrutturato, conserva ancora l’architettura delle costruzioni medievali sebbene la pietra ruvida è ormai visibile solo in qualche sporadico edificio. Alcuni ampi ed eleganti portoni d’ingresso fanno capire la presenza di un ceto agiato durante l’epoca feudale, periodo in cui Giungano godeva di floridi commerci tratti dall’agricoltura e dalla lavorazione del giunco.

Anche se non rappresentato nella sua totalità, questo è il Cilento: un’anima dalle mille rughe che continua a vivere tramandando la propria cultura basata principalmente sulla ricchezza e sul rispetto della propria terra.

Come in tutti i borghi si procede lentopede e a zigzag.
Il centro è stato restaurato mettendo in risalto la bellezza di alcuni portali.
Alcuni angoli sono visibilmente segnati dal tempo.
I colori di Via Roma.
Una giornata qualunque a Giungano.