
Da una cima ad un’altra passando per Solofra e Mercogliano.
Il titolo sopra, legandosi al precedente articolo dedicato a Montella (se ve lo siete perso, andate a leggerlo qui!), si riferisce alle cime del Monte Terminio e di Montevergine separate da una vallata punteggiata da diversi paesi di origine antica. Alcuni di essi hanno perso l’aspetto storico a causa del terribile terremoto del 1980, altri invece conservano ancora un po’ del proprio passato. Quando c’è ben poco da ammirare sorge il dubbio se far tappa o meno, ma una puntatina è comunque consigliabile farla anche solo per avere una foto ricordo del luogo visitato, magari quello scatto sarà la cartolina migliore della nostra vita. Tra l’altro non bisogna dimenticare che si viaggia anche per “approfondire” la gastronomia locale la quale può riservare interessanti sorprese.

Iniziando il viaggio da Montella bisogna superare il Terminio, montagna imponente dei Monti Picentini attraversata dalla strada statale 574 che scollina sulla Piana della Verteglia a ben oltre 1200 metri. Chiaramente dal nome, una volta terminata la salita, non si apriranno dinanzi agli occhi panorami a strapiombo ma ampi pascoli circondati da folti boschi di frassino. Durante l’estate, la piana diventa meta favorita dei turisti per fresche scampagnate nella natura usufruendo del maneggio poco distante e/o degli immancabili percorsi da trekking. Di seguito ne propongo uno molto interessante il quale ha come destinazione la cima del Terminio a ben 1800 metri: il sentiero del Terminio da Campolaspierto, durante le giornate limpide, vi regalerà alcune tra le vedute più belle del circondario.


Coloro non avvezzi all’escursionismo dovranno accontentarsi del panorama che comincia ad aprirsi su altre vette seguendo la discesa verso Serino, piccolo paese composto da varie frazioni di origine antichissima, di cui è possibile ammirare tracce storiche sparse un po’ ovunque come i suggestivi ruderi del Castello Feudale. A Ottobre/Novembre, se si è fortunati, con la nebbia si possono incorniciare momenti davvero evocativi considerato anche il bosco frondoso che copre quasi completamente le rovine. Per esperienza personale oserei dire che a tratti l’atmosfera è quasi spettrale, perfetta per festeggiare Halloween.


Diversamente da Serino, Solofra crebbe concentrandosi in un’unica area che, nonostante il terremoto del 1980, ancora oggi conserva il passato più fiorente.
Durante l’Età del bronzo la zona fu popolata dai Sanniti, i quali dovettero fare i conti con l’avanzata dei Romani uscenti vincitori alla fine delle famose guerre sannitiche. La vittoria trasformò l’insediamento in un comune romano il cui nome Solofra probabilmente derivava dal latino Saluber, richiamante il territorio salubre, oppure dall’unione di Sol e Ofra, cioè l’offerta al Sole legata ad un particolare culto praticato dagli antichi Solofrani. Resti del periodo Romano sono visibili a Sant’Agata Irpina, frazione poco distante, visitando la villa rustica romana; mentre l’unico testimone del periodo medievale è il Castello eretto dai Longobardi per architettare una linea difensiva (che comprendeva anche i castelli di Serino e di Montoro) a favore dei confini del Ducato di Benevento. Data la posizione strategica della conca solofrana, anche i Normanni e gli Svevi riutilizzarono i castelli come importanti strumenti di difesa ampliando al tempo stesso il nucleo abitativo. Il periodo feudale vide Solofra passare di mano in mano a potenti famiglie, prima angioine e poi aragonesi, fino a diventare universitas demaniale grazie alla propria vigorosa economia. Senza oppressioni feudatarie, la cittadina visse per 20 anni il momento più florido in assoluto testimoniato dalla magnifica Collegiata di San Michele Arcangelo. Purtroppo i debiti e il dominio spagnolo spinsero gli abitanti a cedere Solofra alla famiglia Orsini la quale governò, nel bene e nel male, fino all’abolizione dei feudi.



Passeggiando per il comune, specialmente di sera, il luogo che colpisce maggiormente è senza dubbio la Piazza San Michele con il Palazzo Orsini, la Collegiata di San Michele e la Fontana dei Leoni: la notevole ampiezza del piazzale consente di muoversi liberamente per ammirare da qualsiasi angolo il concentrato storico più ricco di Solofra.

Raggiungere i paesi più vicini a Montevergine non richiede molta strada, ma la mole di attrattive disponibili venendo dal Terminio è notevole. Quindi non è un’idea malvagia fermarsi per la pausa pranzo appena giunti nei pressi di Mercogliano, comune ai piedi delle montagne facenti parte del Parco del Partenio. La varietà e la qualità di ristoranti presenti nel territorio è tale da rendere ardua la scelta: si parte dall’ottima cucina napoletana de A’ Malafemmena a Monteforte Irpino, per passare alle osterie tipiche ma ricercate come La Juta e Osteria del Gallo e della Volpe locate ad Ospedaletto d’Alpinolo, fino ad arrivare alla sofisticata tradizionalità del ristorante Le Campìe e dell’osteria I Santi a Mercogliano. Proprio quest’ultima è stata decisa dal sottoscritto per assaporare le specialità più intriganti del territorio. E posso confermare di aver trovato ciò che mi aspettavo: un’osteria pura in cui viene curata l’accoglienza con garbo e la materia prima dei piatti tradizionali (con qualche proposta originale) viene esaltata ai massimi livelli. Per di più a prezzi accessibilissimi.





Il nome di Mercogliano è probabilmente dovuto al culto di Mercurio praticato dagli antichi magistrati quando l’area era abitata da colonie romane. La fondazione della cittadina avvenne con l’arrivo dei Longobardi i quali spinsero gli abitanti locali a fuggire rifugiandosi sul versante della montagna ove cominciarono a costruire un nucleo abitato. La presa del villaggio da parte dei Normanni diede maggiore spinta al popolamento di Mercogliano poiché venne costruito un castello che avvolgeva le abitazioni adeguatamente difese da alte cinta murarie. Ed è proprio questo il luogo più suggestivo da visitare oggigiorno a pochi passi dall’area moderna di Mercogliano: il centro medievale di Capocastello, si presenta come un intricato groviglio di vie e scalinate costeggiate da abitazioni rurali. Purtroppo ci sono tracce di trascuratezza qua e là, ma passeggiare di notte per tali centri storici è sempre molto emozionante.


Emozionante è anche la salita verso il Santuario della Madonna di Montevergine il quale può essere raggiunto in vari modi: comodamente via funicolare ammirando il panorama, con l’automobile affrontando però i vari tornanti in ben 14 chilometri oppure a piedi seguendo il sentiero ripido percorso dai pellegrini.


Le origini del santuario risalgono al 1100, periodo in cui l’eremita San Guglielmo da Vercelli si recò in preghiera sul Montevergine attirando a sé, però, una folta schiera di seguaci e discepoli impressionati dalla forza del suo credo. Quindi fu necessaria la realizzazione di un monastero, anche se agli inizi ci si doveva accontentare di poche capanne attorno ad una piccola chiesa. Con l’accrescere della fama e dei prodigi di San Guglielmo, la piccola meta di pellegrinaggio crebbe richiamando anche artisti e architetti i quali costruirono un complesso più grande che non includeva solo la maestosa chiesa madre ma anche il chiostro interno, le stanze per i pellegrini e la biblioteca. La grandiosità dell’opera è oggi tutta visitabile anche all’interno ove sono presenti affreschi, sculture e altri reperti conservati presso il museo abbaziale.



Dopo un itinerario così esauriente la sera è ormai alle porte, tuttavia è ormai risaputo che con il calar delle ombre i borghi più antichi mantengono un certo fascino da scrutare a piedi angolo dopo angolo. Al termine della scarpinata, ci si può fermare per una tappa golosa presso i ristoranti più sopra menzionati oppure in una buona pizzeria. In effetti, è da un bel po’ di tempo che non tratto di pizza su questo sito e si dà il caso che a Solofra ci siano almeno due locali di alta qualità in cui gustarla. Parlo di ChiAvòCOTTechiAvòCRUR e di A’ Chiazz, entrambi situati in pieno centro. La mia scelta ricade su quest’ultimo, una pizzeria spaziosa e dall’arredamento semplice ma moderno con una bella varietà di fritti, pizze, birre e anche vini. Curiosamente ci sono pochi coperti occupati (è venerdì 1 Novembre) quindi posso godermi nel totale relax una pizza davvero notevole: bel cornicione non in stile “gommone”, sottile al centro e dall’impasto scioglievole e leggerissimo, ottimo il condimento con abbinamenti azzeccatissimi.




Termina così un altro viaggio tra storia e natura, girando parzialmente nei dintorni di quella che sarà probabilmente la prossima destinazione: Abellinum, oggi conosciuta come Avellino.
Alla prossima!