
Tra il cielo e il mare: Castellabate.
Ciò che rappresenta al meglio l’Estate, con buona pace dei detrattori, è senza dubbio il mare con il dolce fluttuare delle onde e le spiagge assolate dove la brezza marina accarezza i poveri sofferenti dal caldo. Tali caratteristiche sono possedute orgogliosamente dalla Campania la quale può vantare un gran numero di luoghi sulla costa tirrenica contrassegnati con la nota bandiera blu, riconoscimento conferito valutando la pulizia dei litorali e la qualità generale degli approdi turistici.

La Costiera Cilentana è il territorio che ha ottenuto maggiormente tale merito; basti immaginare la quantità di lidi presenti da Paestum passando per Acciaroli fino ad arrivare a Palinuro, molti dei quali circondati da contesti storico-naturalistici affascinanti. Similmente alla Costiera Amalfitana, anche il Cilento, terra dalla storia millenaria, mostra orgogliosamente i suoi caratteristici borghi marini lungo la frastagliata scogliera rocciosa che, di tanto in tanto, nasconde piccole spiagge paradisiache. Un comune particolarmente suggestivo si trova a pochi chilometri da Agropoli, in cima ad un’altura ma vicinissimo al mare: si tratta di Castellabate, incluso non a caso nella prestigiosa guida dei borghi più belli d’Italia.

Prima di raggiungere il grazioso borgo, la mattina abbastanza afosa tipica di Agosto stuzzica per una sana e rinvigorente colazione presso la Tenuta Duca Marigliano, albergo ricavato dalla ristrutturazione certosina dell’ottocentesca casa padronale a pochi metri dagli scavi di Paestum. Non solo gli ospiti dell’hotel, ma anche gli avventori esterni possono godere delle prelibatezze homemade mattutine come i cornetti, la marmellata di albicocche, le torte, le spremute e altro ancora a patto di prenotare il proprio tavolo qualche giorno prima per rispettare al meglio le norme COVID. La qualità dei prodotti è naturalmente ineccepibile considerato che tutto passa sotto l’occhio meticoloso di Luigi Coppola, chef del ristorante Casa Coloni annesso alla tenuta (che ho avuto il piacere di scoprire lo scorso anno: leggete qui per maggiori dettagli!).





Fatto il carico di zuccheri, la strada verso Castellabate è abbastanza agevole e richiede circa mezz’ora in auto da Paestum. Solo ai meno cinque chilometri dal borgo il tragitto si restringe diventando più tortuoso ma anche più panoramico.
I parcheggi fortunatamente non mancano, sebbene nei fine settimana diventa quasi un’impresa trovare anche solo una fessura per la propria auto. Una volta lasciato alle spalle il veicolo, l’accesso al comune è esclusivamente a piedi, con lentezza, per non lasciarsi sfuggire gli scorci più belli del circondario.


L’abitato addossato, com’è tipico dei comuni più rurali, circonda un castello ben visibile dal belvedere, ma esso non deve trarre in inganno: l’origine di Castellabate risale a molto prima del Medioevo.
Alcuni reperti individuati nel territorio risalgono addirittura al paleolitico, ma le maggiori testimonianze le lasciarono gli antichi Enotri prima della colonizzazione messa in atto dai greci in fuga da Sibari. Con la conquista della Lucania da parte dei Romani, la costa si riempì di ville patrizie sviluppando l’importante porto commerciale della città di Erculia, l’attuale frazione di San Marco di Castellabate.

L’arrivo dei barbari e la caduta dell’Impero Romano misero a soqquadro la zona consentendo liberamente ai pirati Saraceni di trasformare la vicina Licosa nel loro quartier generale nell’846 fino a che, i poteri locali più colpiti dalle incursioni saracene, non si coalizzarono per scacciare il nemico nella battaglia di Licosa.
A lasciare un segno indelebile su colle Sant’Angelo (ovvero l’altura dov’è collocata Castellabate) furono i Longobardi e i monaci della Badia di Cava: i primi per esser stati i conquistatori ma anche i benefattori attraverso l’imposizione feudale, i secondi per averne ereditato le terre che tutelarono e svilupparono con tale cura da convincere i Normanni sulla costruzione di un castello a difesa della comunità.

Dal 1123, gli abati furono molto proficui nella realizzazione del castello (menzione d’onore: l’abate Costabile Gentilcore) e nel commercio ben supportato dagli scali marittimi: non servì molto tempo che Castellabate divenne la più importante baronia del Cilento. Tuttavia i frangenti di prosperità furono intervallati da altri di violenza tra Aragonesi e Angioini a contendersi il borgo per almeno duecento anni.
Durante l’epoca feudale furono tante le famiglie a spartirsi la cittadina (inclusi i potenti San Severino da Napoli) fino all’abolizione dei feudi, dopodiché divenne un “bellicoso” capoluogo di comune molto attivo ai moti cilentani del 1828 e ai moti insurrezionali del 1848 contro i Borboni. Ai conflitti seguì un’apparente tranquillità senza le terribili conseguenze della Prima Guerra Mondiale; discorso quasi inverso durante la Seconda Guerra Mondiale che vide Castellabate teatro del famoso sbarco a Salerno degli americani.



Ricchissima di storia e personaggi illustri dunque, ma c’è da aggiungere che Castellabate è ben conosciuta anche grazie alla commedia cult “Benvenuti al Sud” dove gli stereotipi dei vari personaggi trovano sfogo in uno dei luoghi più caratteristici del borgo: la piazzetta 10 Ottobre 1123 (data di fondazione del castello).


Eventi storici molto simili visse la vicina Santa Maria di Castellabate, grande frazione che in tempi passati consisteva unicamente nel porto commerciale utile ad accrescere il potere di Castellabate. Arrivare alle spiagge, considerate area marina protetta, richiede circa 10 minuti di auto percorrendo la panoramica strada provinciale 61.
Dopo irte scalinate e tortuosi vicoli non si può non avvertire il profumo della cucina di mare seguita a braccetto da quella rustica cilentana. La voglia di melanzane ‘mbuttunate al sugo è elevatissima, come quella di spaghetti alle vongole che prende il sopravvento presso il ristorante Angelì ubicato a Lago, frazione poco distante da Santa Maria. Il locale è semplice, senza fronzoli ed offre un menù abbastanza vario di mare e di terra con piatti della tradizione cilentana davvero interessanti; meno ampia invece la scelta dei vini che comunque propone ottime cantine della Campania. Il personale è molto cortese seppur con qualche momento di lentezza tuttavia passabile (ricordiamo che è altissima stagione!).



I più attenti allo stile, non solo del cibo ma anche dell’ambiente, possono trovare soddisfazione da Hortus Restaurant e da Osteria 1861: eleganze differenti, ma stesse radici culinarie.
Da Lago a Santa Maria è un attimo e all’occhio del visitatore si presenta un luogo più moderno e rivolto al turismo balnerare che mette un po’ da parte l’aspetto storico predominante a Castellabate. Certo non mancano palazzi e strutture dei tempi andati quando, al posto delle caffetterie e dei lidi, c’era il rilevante scalo commerciale. Tale importanza venne ricordata dopo la Seconda Guerra Mondiale quando i cittadini di Santa Maria pretesero la trasformazione della frazione in un comune a sè stante. La richiesta, più e più volte respinta, generò un conflitto tra “colle” e “marina” che infuocò maggiormente durante il trasferimento di buona parte degli uffici comunali da Castellabate a Santa Maria.




Il sole dolcemente sparisce dietro al mare, molti bar rimangono ancora aperti per i bagnanti dell’ultima ora mentre i più golosi sono già a caccia di ristoranti e pizzerie. Già, alla pizza di sera non si rinuncia nemmeno nel Cilento che può vantare un gran numero di maestri del lievitato più amato dai campani. A Castellabate ha fatto rumore l’apertura di Bonora, locale dove trova posto al forno l’ex-pizzaiolo talentuoso di Gusto Over The Sea, Florindo Bonora. Lungo la costiera, precisamente ad Agnone, c’è Radici a Mare, succursale estiva della Radici a Pastena di Salerno gestita dall’esperto (nonostante la giovane età) Raffaele de Santis. Ad Agropoli conferma le sue alte qualità Gusto Over The Sea e, le supera a livelli stratosferici, Elio Santosuosso presso la sua nuova base operativa: Vinarte, whine bar che pone grande attenzione anche sul cibo e, ovviamente, sulla pizza.
Proprio dal pluripremiato pizzaiolo, con alle spalle tanta esperienza maturata alla Gatta Mangiona di Roma, decido di andare aspettandomi un’atmosfera diversa dopo l’esperienza non proprio convincente lo scorso anno al Lido Aurora. Posso subito dire che le aspettative sono state ampiamente superate sotto vari punti: gli ambienti sono curati e moderni, in sala sono tutti giovani, dinamici e precisi; il menù delle pizze, senza molta sorpresa, è un trionfo di sapori dove la materia prima del Cilento fa da padrona con qualcosina dal Lazio per non tradire il passato; di prestigio l’esaustiva carta dei vini comprendente anche birre artigianali italiane.






La leggerezza di tutte le pizze, nonostante l’abbondante condimento, è al top. Merito della minuziosa ricerca delle farine e dell’accurata lavorazione degli impasti, di cui uno diretto con farina bianca e integrale (in piccola percentuale) ed un’altro con biga al 50% ben idratata.
Alla fine della giornata si può desumere che cibo, accoglienza, colori, paesaggi, persino la calura estiva, sono il marchio di fabbrica rappresentante il Cilento. Nonostante il COVID, l’entusiasmo e la motivazione di andare avanti e migliorarsi c’è; almeno da parte dei più volenterosi, ben inteso. Ma, come diceva già nel 1811 Gioacchino Murat, Re di Napoli, a proposito di Castellabate e della sua atmosfera: “qui non si muore“.