La bellezza del Parco Regionale del Partenio.

La bellezza del Parco Regionale del Partenio.

28 Ottobre 2020 Off di Dario Tomasiello

Finalmente l’autunno sembra aver fatto la sua comparsa chiamando a raccolta freddo, vento e qualche pioggia noiosa con al seguito gli aspetti più piacevoli della stagione come l’addio al caldo, il camino crepitante, i colori rossicci della flora e il cibo ghiotto quale castagne e funghi.

Il cambiamento dona gran sollievo all’animo e stuzzica l’idea di qualche fine settimana all’insegna della natura autunnale. Tale attività è possibile in Campania grazie ai numerosi parchi regionali i quali non costringono ad allontanarsi troppo dal proprio domicilio. Il connubio storico/naturalistico rimane il favorito dai turisti nostrani: scoprire lentamente il proprio territorio tra le mura dei centri storici e lungo i sentieri è ciò che si predilige in tempi poco propensi agli spostamenti a lungo raggio.

La Campania offre tante aree verdi da vivere nell’assoluto relax.

A ridosso dell’Appennino Campano, precisamente tra la provincia di Salerno e di Avellino, fanno bella mostra di sé i possenti Monti Picentini ideali per l’escursionismo tra vallate colme di castagneti (ne trattai lo scorso anno qui!), mentre inoltrandosi nella provincia avellinese si scopre l’affascinante Irpinia, terra antichissima dove verdi colli sono punteggiati da borghi deliziosi (alcuni centri come Nusco e Savignano Irpino sono stati già ampiamente riportati qui).

Semplicemente l’Irpinia.

Nella giusta via di mezzo tra le due province sopra menzionate, ovvero nella bassa Irpinia, merita di essere considerato il Parco Regionale del Partenio, area protetta dove svetta a 1200 metri di altitudine il maestoso Santuario di Montevergine. I centri più vicini all’abbazia, notevoli per il loro centro storico, sono Mercogliano (raccontato qui) e, uno dei borghi più belli d’Italia, Summonte.

Summonte vista dall’alto.

Alcuni ritrovamenti archeologici nel territorio summontese fanno supporre che la zona fosse abitata già dal periodo preromano, ma lo sviluppo cittadino, come ben visibile dai monumenti presenti all’interno del bellissimo centro storico, avvenne nel Medioevo.

Il tronco e la chioma impressionanti del Tiglio Secolare, albero monumentale al centro del comune.
Visitare i borghi in notturna è sempre affascinante.

Documenti trovati nella biblioteca del Santuario di Montevergine testimoniano chiaramente la nascita del feudo di Summonte intorno al 1130 per opera dei Normanni, i quali rilevarono il territorio alcuni anni prima stabilendo un avamposto al di sopra del vecchio castello longobardo. Il maniero era dotato di svettante torre di sorveglianza che, con il passare delle epoche, fu ristrutturata secondo vari stili fino alla forma odierna: possente e priva di orpelli è la Torre Angioina resa ancora più suggestiva durante le ore notturne.

Le mura dell’avamposto normanno.
Una volta calata la sera, la Torre Angioina si illumina di colori diversi.

Nell’epoca normanna, a parte il presidio militare di Summonte, l’unica realtà degna di nota era la coltivazione di bachi da seta presso una chiesa ad Ospedaletto d’Alpinolo. Ovviamente esisteva anche la coltura del castagno, del nocciolo e di altre piante utili al sostentamento agroalimentare, ma il progresso tardò ad arrivare a causa dei travagliati rapporti tra i feudatari del borgo e la comunità sottoposta all’abbazia di Montevergine.

L’arco di San Nicola che fungeva da ingresso al borgo circostante la fortezza.

Tuttavia, con il tempo, il centro urbano crebbe sotto la supervisione delle famiglie nobiliari: dai Malerba ai Della Leonessa passando agli Albertini e ai Doria fino all’eversione della feudalità. Con il successivo dominio dei Borboni, Summonte fu al centro di molte tensioni: di origini summontesi era l’attivissimo gruppo carbonaro “I Pitti del Partenio” il quale, però, venne alla fine scoperto ed eliminato con la condanna all’esilio dei suoi fondatori.

Gran tranquillità anche lungo la statale che attraversa il paese. A sinistra si scorge la Chiesa San Nicola di Bari.

Attorno al nucleo abitativo si notano le vallate e il maestoso Monte Partenio che sembra inarrivabile, eppure gran sforzo è stato posto nel realizzare in tempi recenti un bellissimo percorso ambientale di sei chilometri che parte dal centro Urupetra di Summonte e attraversa le aree di Urupetra, Castellone e Becco dell’Aquila per arrivare a Campo San Giovanni: un ampio pianoro carsico circondato da boschi di faggio e ricco di orchidee selvatiche, dove non è difficile osservare cavalli al pascolo e numerose varietà di uccelli.

All’inizio del percorso è presente un’area attrezzata per il picnic e altre attività all’aria aperta.
Dopo circa un chilometro la salita presenta tratti con pendenze davvero “cattive”.
La natura cambia volto man mano che si sale: si passa dai castagneti alle faggete.
Oltre i 1000 metri di altitudine è possibile ammirare panorami mozzafiato.

E’ importante sottolineare che il percorso da me intrapreso non è l’unico esistente nel borgo, anzi si incrocia con altri provenienti da centri situati persino all’altro capo del Parco del Partenio (ad esempio San Felice al Cancello). Per maggiori informazioni suggerisco di visionare il sito molto affidabile dedicato all’escursionismo locale: Trekking in Irpinia.

Dopo Summonte, proseguendo sulla strada statale 374, si incontrano frazioni e piccoli comuni che pur ebbero un ruolo, anche se minore, nella storia del territorio. Infatti molti di essi erano contrade che contribuivano al mantenimento dei feudi e delle roccaforti atte a delimitare i confini delle signorie. Esempio di spicco è Pietrastornina, comune “protetto” dalla cosiddetta rupe grigia ovvero la slanciata guglia rocciosa che corona l’abitato del centro storico.

Pietrastornina vista dalla strada statale 374.
Piazza Vittorio Veneto con il monumento ai caduti della I e II Guerra Mondiale.

Grazie alla sua posizione strategica e al Castello Longobardo in cima al picco, l’abitato si sviluppò sotto le mani di vari signori durante l’Alto Medioevo. Purtroppo, una volta conclusa l’epoca feudale, il maniero finì in decadenza e, essendo un pericolo per le abitazioni sottostanti, si optò per il suo abbattimento nel 1837. Oggi, oltre a visitare il piccolo ma grazioso borgo antico, è possibile raggiungere la cima della storica guglia seguendo il sentiero che parte vicino Piazza Vittorio Veneto.

Il centro storico, meno grande di Summonte ma non meno suggestivo.
Chiesa Madre della Santissima Annuunziata
Chiesa Santa Maria delle Grazie edificata nel ‘500 dai monaci benedettini di Montevergine.

Qualche chilometro oltre Pietrastornina, dopo varie curve contornate da boschi e scorci panoramici, entra in scena Roccabascerana: comune che, similmente agli altri, si evolse in un lungo arco temporale dopo l’arrivo dei Normanni i quali non fecero altro che occupare i territori calpestati dai Longobardi.

Sulla strada, poco prima di accedere a Roccabascerana, si nota imponente il picco ove sorgeva l’antica roccaforte normanna.
Il grazioso centro storico.
Come accade in molti borghi, alcuni angoli vengono arredati e curati dagli abitanti locali.

Il castello, un tempo inespugnabile in cima ad una guglia (meno appuntita e singolare della rupe grigia), oggi è tristemente in rovina a causa di eventi naturali; tuttavia il borgo custodisce ancora in buone condizioni il Palazzo Baronale del XVI secolo abitato dalle famiglie D’Aquino e Della Leonessa e la bellissima Chiesa di San Giorgio e San Leonardo, originaria del ‘500 ma ricostruita per ben due volte dopo un terremoto ed un incendio.

Il Palazzo Baronale.
La gotica Chiesa di San Giorgio e San Leonardo.

Alla fine della giornata, la cultura personale è notevolmente arricchita dalla storia dei dintorni di Summonte che, anche se di piccolo respiro, delinea al meglio la situazione storico-geografica dell’antica Irpinia. Purtroppo l’unico svantaggio, dovuto alla poca valorizzazione delle bellezze presenti, ha portato al poco afflusso turistico e all’esigenza dei ristoratori locali di rimanere chiusi a pranzo (tranne il sabato e la domenica, aperti tutti il giorno).
Dunque i visitatori più saggi saranno ben propensi a trattenersi fino a sera per gustare la cucina irpina che trova sfogo in molte osterie di notevole spessore. Difficile non menzionare l’Osteria I Santi a Mercogliano, dove la materia prima locale viene esaltata in piatti tipici, oppure Il Trifolaio a Summonte, ristorante dove regna sovrano il tartufo locale.

Altra realtà di pregio, ideale da vivere dopo un’intensa escursione nel Parco del Partenio, è sita ad Ospedaletto d’Alpinolo: mi riferisco all’Osteria del Gallo e della Volpe, elegante locanda che propone ricette tradizionali elaborate con spirito creativo e sofisticato. L’abbinamento delle varie materie prime, per quanto possa sembrare singolare ai novizi, è di grande equilibrio e ben saldo alle radici irpine. Le portate nel menù di discreta scelta sono dai sapori logicamente terrini, ma così bilanciati da risultare perfetti anche a chi non è avvezzo alla gastronomia montana; di gran livello poi la carta dei vini che espone anche la scelta al calice per i poveri single come il sottoscritto. Menzione d’onore all’accoglienza ben sostenuta da personale gentile, scrupoloso e nel pieno rispetto delle norme COVID.

Benvenuto a base di pappa al pomodoro accompagnata da un calice di Fiano d’Avellino.
Zuppa di castagne e funghi porcini freschi.
Coniglio disossato alla brace con insalata d’accompagnamento.

Dispiace profondamente che, al momento della stesura dell’articolo, sia stato annunciato un nuovo decreto per fronteggiare l’emergenza COVID il quale annuncia la chiusura dei locali alle ore 18:00. Tale decisione ha costretto molti ristoranti, compresa l’osteria sopra descritta, alla chiusura fino a data da destinarsi. Fortunatamente alcune attività ristorative sono ancora aperte a pranzo (come l’Osteria I Santi) così che gli avventori in cerca di relax e aria pura possano godere anche della cucina locale.

Nonostante la minaccia di un futuro lockdown, la perseveranza e il rispetto delle comunità consentono ancora una discreta libertà di movimento la quale, si spera, andrà aumentando così da favorire il turismo che aree come il Parco del Partenio e, più generalmente, l’Irpinia ampiamente meritano.

Da Roccabascerana si saluta il Monte Taburno. Nuova destinazione in vista?