Alzando gli occhi alle torri di San Gimignano.

Alzando gli occhi alle torri di San Gimignano.

11 Ottobre 2021 Off di Dario Tomasiello

Di tanto in tanto, l’allontanamento dai propri confortevoli luoghi, può essere un “must”: è indispensabile virare temporaneamente verso nuovi lidi in cerca di qualcosa che stimoli a tal punto da appassionarci e, automaticamente, aprirci alle varie sfumature del mondo.

L’estate sembra essere (finalmente) agli sgoccioli quindi la meta del prossimo viaggio sarà distante dalle coste marine e rivolta all’entroterra, in particolar modo tra valli e colline di incredibile bellezza paesaggistica e storica: contesto che si individua facilmente nell’affascinante Toscana, terra di città eterne e borghi indimenticabili immersi in scenari da cartolina quali vigneti e pascoli curati in maniera certosina.

Le colline dell’entroterra toscano.

La regione di origine antichissima (come il resto d’Italia in fondo…) venne inizialmente chiamata Tusci, nome coniato dai Latini per indicare il territorio dei gloriosi Etruschi. Successivamente durante l’epoca dei Romani, l’area etrusca compresa tra l’Arno e il Tevere, fu rinominata Etruria ed occupata nel III secolo a.C. consentendo la costruzione di importanti centri abitati e vie commerciali come la via Francigena. Ma la Toscana più conosciuta a livello internazionale prese forma nel Medioevo e visse lunghi periodi di prosperità che segnarono la storia d’Italia in maniera fondamentale soprattutto durante il Rinascimento.

Città incredibili come Firenze, ma anche Siena e Pisa, divennero rinomate in tutto il mondo dal punto di vista culturale e commerciale ed esercitavano un tale potere che spesso erano in combutta tra loro nella conquista di terre vicine e lontane. Tanti furono i villaggi e i casali a finire sotto la loro influenza mentre altri furono capaci di mantenere l’indipendeza suscitando anche qualche piccolo timore.

Dopo aver scarrozzato a lungo per l’autostrada A1 e il raccordo di Firenze, mancano solo 11 chilometri di provinciale tra verdi colli per scorgere le prime strutture simbolo del potere tanto in voga nel 1200: le torri, per la precisione quelle di San Gimignano, magnifico borgo completamente medievale dichiarato patrimonio UNESCO.

In lontananza San Gimignano è subito riconoscibile.
A pochi passi dalle principali porte del borgo sono presenti dei parcheggi dai quali si possono ammirare buona parte delle torri rimaste in piedi.

Il territorio del comune risulta abitato dalla lontana preistoria e le tracce più rilevanti testimoniano la presenza di molti insediamenti etruschi sparsi tra le colline oltre a diverse ville romane vicino ai torrenti a fondovalle. Tuttavia in tali epoche non ci fu nessuna particolare iniziativa nella costruzione di una comunità fondamentale in cima alla collina; l’occasione apparve prima dell’anno 1000 quando si costruì una possente rocca (poi ricostruita 300 anni dopo col nome di rocca di Montestaffoli) a guardia di un piccolo villaggio sotto la giurisdizione del vescovo di Volterra il quale trovava residenza presso il Poggio della Torre.

Nella rocca molti ambienti sono andati malauguratamente perduti. Tuttavia il piazzale esterno viene oggi sfruttato per spettacoli e mostre.
L’ingresso al forte.
La rocca permette incantevoli vedute sul borgo.

All’interno del fortilizio, ben protetto da una cinta muraria che collegava il Poggio di Montestaffoli con il Poggio della Torre, si svolgeva un ricco mercato che coinvolgeva pellegrini e commercianti di passaggio sulla via Francigena e sulla via Clodia. Con il passare del tempo, grazie all’indebolimento di Volterra e alla posizione strategica dal punto di vista commerciale, il villaggio ebbe la possibilità di crescere in piena autonomia sviluppando nuovi quartieri e servizi (tra cui una fonte pubblica) i quali necessitarono di una seconda cinta muraria per essere inglobati e difesi al meglio.

Le gotiche fonti medievali si trovano a pochi passi fuori dal borgo.
A sud di San Gimignano vi è la maestosa porta San giovanni. Trattasi di una delle cinque porte d’ingresso facenti parte della seconda cinta muraria.
La via principale, che porta alle piazze più famose, è costellata di botteghe.
E’ in atto un viaggio nel passato appena si varca il grande arco d’accesso.
Le torri, simbolo del potere di San Gimignano, sono tutte raggruppate nel centro più antico del borgo. In foto si nota l’arco della prima cinta muraria e la Torre dei Becci.
Percorrendo le strade più importanti, di tanto in tanto, si scorgono viottoli incantevoli.

Nel 1200 divenne a tutti gli effetti una città vibrante di opportunità ben inserita negli affari con le potenti Firenze e Siena nonostante le tensioni dilaganti tra Guelfi, a sostegno del Papa, e Ghibellini, favorevoli all’Imperatore. Con il commercio e l’agricoltura fiorenti (ma anche i prestiti illeciti…) il denaro “pioveva” sulle famiglie più benestanti che ben vollero mostrare il proprio orgoglio facendo costruire altissime torri quadrangolari: oggi se ne contano 14 ma, durante i tempi d’oro, si ipotizza ve n’erano almeno 72.

Immaginare 72 torri innalzarsi in cielo: altro che le metropoli di oggi.

Ovviamente il benessere economico non si evinceva solo dalla presenza delle torri ma anche dagli spazi e dagli edifici che costituivano la città: piazze, chiese e dimore nobiliari furono realizzate in gran stile mettendo in chiaro la società di San Gimignano dal ‘200 fino alla prima metà del ‘300.

La bellezza architettonica dell’epoca è sopravvissuta al passare degli anni consentendo oggi ai fortunati turisti di ammirare la vasta Piazza della Cisterna, luogo un tempo adibito a mercato e palcoscenico per spettacoli, con il magnifico pozzo in travertino al centro e tutto intorno una sfilza di palazzi nobiliari con le torri dei Becci, dei Cugnanesi e l'”inquietante” Torre del Diavolo.

Il famoso pozzo meno gremito del solito da turisti.
Il contesto architettonico di Piazza della Cisterna è da incanto.
La piazza è colma di caffetterie e gelaterie.
La sera contribuisce a rendere il luogo ancora più suggestivo.

Il tempo di un respiro e ci si trova nella attigua Piazza del Duomo, antico centro politico e religioso che ospita gli edifici pubblici più importanti quali la Collegiata di Santa Maria Assunta e il Palazzo del Podestà con la Torre Grossa, la più alta del borgo, affiancata dalle Torri Gemelle dei Salvucci e dalla Torre Chigi.

Il principale potere della città circolava tra le mura di Piazza del Duomo.
Le Torri Gemelle dei Salvucci sono di particolare effetto.
Il Duomo e a sinistra si notano le logge del Comune.

All’interno della piazza si possono effettuare le visite più interessanti del borgo andando al Duomo per ammirare ricchi affreschi di scuola senese illustranti l’Antico e il Nuovo Testamento oltre al pezzo forte del complesso, ovvero la Cappella di Santa Fina, simbolo del Rinascimento realizzato dall’architetto Benedetto da Maiano e decorato da Domenico Ghirlandaio.

Di fianco alla Collegiata vi è il Palazzo Comunale o Palazzo Nuovo del Podestà ospitante il Museo Civico nelle storiche sale del consiglio (tra le quali una dedicata al sommo Dante a ricordo della sua visita nel 1299); inoltre è possibile salire in cima alla Torre Grossa per godere del bellissimo panorama sui tetti di San Gimignano.

Il chiostro del Palazzo Comunale.
Spettacolo in cima alla Torre Grossa. A sud si ammira il quartiere San Giovanni.
Guardando a nord si toccano con un dito le Torri Gemelle dei Salvucci. Qualche isolato più in là si nota la Chiesa di Sant’Agostino.
A est ci si affaccia su Piazza della Cisterna con in prima piano a sinistra la Torre Rognosa e, vicina, la Torre del Diavolo.
Il campanile della Collegiata e il parco con i ruderi della rocca di Montestaffoli ad ovest.

Il borgo visto dall’alto è un vero e proprio gioiello dal passato splendente e il verde che lo circonda dimostra la cura e il rispetto verso il proprio territorio. Nel commercio sangimignanese, di ieri ed oggi, è preponderante la coltivazione dello zafferano e la produzione del pregiato Vernaccia oltre ad altri vini tipici della Toscana e all’olio. Inoltre i pascoli consentono allevamenti di vitellone per l’ottenimento della pregiata fiorentina, carne tratta dalla lombata poi cotta solitamente al sangue sui carboni ardenti.

Come sempre la gastronomia locale necessita di essere provata per arricchire il bagaglio culturale e, per gioia, il palato. San Gimignano esplode di trattorie e ristoranti che vanno dal rustico al raffinato, difficili da elencare in toto ma si può fare un piccola selezione: La Mangiatoia e Perucà per gli amanti delle tradizioni che non cercano stravolgimenti nel piatto da gustare felicemente tra antiche mura, San Martino 26 e Cum Quibus suggeriti per l’eleganza e l’innovazione abbracciando comunque materie prime a km 0 super selezionate, LINFA Restaurant per il massimo della ricercatezza, esecuzione delle pietanze e accoglienza consone ad uno stellato Michelin.

Non contento di illustrare una sola esperienza gastronomica stavolta ne mostrerò due in ambienti diversi ma dal sapore inconfondibilmente toscano partendo dal San Martino 26. Davanti al locale, per rispettare al meglio le normative COVID, sono presenti all’esterno dei coperti dal tocco romantico; tuttavia ritengo la sala la scelta migliore essendo arredata con un gusto vintage tutto da ammirare. Il menù, molto variegato e ricercato, mostra i muscoli toscani con alcune influenze orientali e la carta dei vini, manco a dirlo, è infinita. L’aiuto del sommelier in tali casi è gradito e ben accetto specialmente se si tratta di un giovane preparato, aperto alle esigenze del cliente e con un pizzico di confidenzialità giusto per scacciare quel velo grigio che a volte si trova in alcuni ristoranti prestigiosi. Il risultato, con l’attenzione certosina di tutta la brigata di sala con qualche intervento dello chef in persona, è stato come vivere un’avventura d’autore sentendosi a casa.

Dopo un ricco entree si continua con l’antipasto, una vera opera d’arte.
“Ultimo Acquerello Astratto”: verdure cotte e crude, fondo di verdure, crema di cicoria selvatica.
“Essenza di crostino burro e alici”: tagliolino 30 tuorli, burro e colatura di alici, perle di scampo crudo.
“INdisciplinare di produzione”: maialino da latte, sgombro marinato, melanzana, spuma di rafano e zenzero.
“1492: terre inesplorate”: finanziera di mandorla e cacao, cremoso di dulce de leche, toffee, gelato alla fava tonca.

Della stessa stoffa, sebbene di uno stile più tradizionale e meno appariscente, è Perucà: deliziosa trattoria ricavata da un locale completamente in pietra dove si respira immediatamente il profumo della Toscana più storica. Il sofisticato lascia lo spazio al sincero e genuino con una grande cura nella presentazione delle portate, nel servizio di sala e, soprattutto, nei sapori. E’ facile dire “è solo un ragù” o “è solo carne alla brace”, dietro alle preparazioni ci sono studio e rispetto negli aromi e nelle cotture utilizzati dalla tradizione toscana. E il vino? Immancabile tra rossi e bianchi di tantissime cantine locali e non.

Pici del Mulino Val d’Orcia al ragù di cinghiale.
Tagliata di manzo rigorosamente al sangue aromatizzata al rosmarino.

Il “bello” di San Gimignano sembra infinito come sembrava esserlo la prosperità fino alla prima metà del ‘300. Purtroppo non fu così: le continue lotte di potere all’interno della città pesarono in maniera grave quando scoppiò la tremenda peste nera con seguente carestia nel 1348. Con l’economia in caduta libera, il borgo si consegnò a Firenze perdendo autonomia e ruolo politico nello scacchiere toscano.

Nonostante il declino, il ‘400 fu un periodo florido dal punto di vista artistico grazie all’arrivo di numerosi maestri senesi e fiorentini chiamati per abbellire le istutuzioni ecclesiastiche. Oltre alla già citata Collegiata di Santa Maria Assunta, anche la chiesa di Sant’Agostino venne notevolmente arricchita di pregiate sculture in marmo e sontuosi affreschi tra cui spicca un capolavoro di Piero del Pollaiolo.

L’esterno della chiesa si presenta molto massiccio ed austero.
L’altare maggiore con “L’Incoronazione della Vergine, Angeli e Musicanti” del Pollaiolo e, dietro, la cappella (inaccessibile causa lavori) con gli affreschi di Benozzo Gozzoli.
Il rilassante chiostro esterno.

A parte gli interventi artistici presso gli ordini religiosi, il resto di San Gimignano sembrò finire in un baratro senza fondo. Molte torri, in mancanza dei fondi adeguati, crollarono e non ci furono interventi di manutenzione nemmeno sull’abitato cittadino escludendo la rocca di Montestaffoli e qualche palazzo sparuto. Il punto più basso si raggiunse nel ‘600, dopo un’altro scoppio di peste fatale, diventando la città più povera del Granducato.

Fortunatamente, le riforme del ‘700 unite agli sforzi nella coltivazione promiscua, portarono a San Gimignano qualche beneficio sufficiente da rimettere in piedi l’economia locale. L’agricoltura ritornò ad essere produttiva e il centro storico fu oggetto di interesse da parte di molti studiosi: notarono che l’unica nota positiva dei secoli di decadenza fu la “cristallizzazione” del tessuto medievale rimasto incolume dalle rivisitazioni architettoniche delle epoche successive.

Via San Matteo è un’altra importante strada che porta a Piazza del Duomo.
Porta San Matteo vicino alla quale si formò il quartiere omonimo similarmente a quello di San Giovanni.
L’arco della Cancelleria, antica porta d’accesso ricavata dalla prima cinta muraria.
Le logge del Comune in un contesto quasi surreale.

Oggi il comune, riscoperto e rivalutato, vive di artigianato, enogastronomia e turismo internazionale da numeri elevatissimi. La conservazione dell’abitato medievale, la storia, l’arte e la cultura rendono San Gimignano uno dei borghi più belli della Toscana da godere non un giorno ma più e più giorni tra i vicoli e i cunicoli, da un estremo all’altro delle antiche mura, passeggiando con spensieratezza mista ad entusiasmo di un giorno fuori dall’ordinario.

I cunicoli sono ben illuminati e mostrano chiaramente l’architettura medievale.
I cittadini sono ben consapevoli del tesoro che possiedono e lo curano con attenzione.
Il ricordo delle torri imponenti resterà per sempre.
Innamorarsi di San Gimignano.