
Da Certaldo a Volterra sulle orme degli Etruschi.
Gli Etruschi, civiltà antichissima risalente al IX a.C., vissero in varie parti d’Italia e posero le basi del progresso sociale e culturale che fu di grande ispirazione per il futuro Impero Romano. L’area centro-settentrionale chiamata Etruria, ovvero parte dell’attuale Toscana, fu particolarmente popolosa stando ai numerosi reperti e alle tracce di insediamenti individuati. Certo la storia medievale e rinascimentale ruotante intorno a Firenze e Siena è quella che appassiona maggiormente turisti da tutto il mondo, tuttavia non bisogna tralasciare coloro che sondarono e calpestarono il terreno poi sfruttato da popoli successivi.

Mentre si salutano le torri di San Gimignano con un velo di tristezza, la strada verso altri lidi comincia a scendere per poi risalire come di consuento quando si viaggia da un borgo ad un altro in Toscana. A nord della Valdelsa, superando vigneti contornati da cipressi e tenute agricole da cartolina, si giunge a Certaldo: al primo impatto il comune si presenta moderno con tutte le attività e i servizi dedicati al cittadino, poi, alzando leggermente lo sguardo, si scorge un piccolo e grazioso nucleo storico abbarbicato su un’altura. D’altronde il nome in latino è cerrus altus (o cerrus aldo in germanico) significante “altura ricoperta di cerri”.

Degli insediamenti etruschi non rimane molto da vedere, le antichità trovate dove sorge il borgo e sui vicini colli Poggio del Boccaccio e Poggio delle Fate sono state trasferite ai musei civici e archeologici della provincia. Buona parte delle mura e degli edifici risalgono al 1164 quando Certaldo era un villaggio agricolo all’ombra di un massiccio mastio a difesa del fiorente mercato che si svolgeva vicino all’antica via Francigena. L’allora imperatore Federico Barbarossa concesse il centro ai conti Alberti che lo ampliarono con cinta fortificate e torri oltre a trasformare il mastio in un piccolo castello. Desiderosi di governare indipendentemente, sfruttarono Certaldo e altre città roccaforti come Semifonte per contenere l’espansione incalzante della Repubblica Fiorentina però senza successo: nel 1184 Firenze ebbe la meglio allargando i suoi domini.



Nonostante le immancabili schermaglie contro i senesi, la cittadina crebbe in maniera esponenziale nel XIV e XV secolo grazie al commercio e al potere politico esercitato: sotto il controllo fiorentino Certaldo divenne sede di uno dei Vicariati della Repubblica e a tal proposito si decise di trasformare il castello in Palazzo Pretorio. Il borgo ebbe una certa rilevanza anche dal punto di vista culturale per la presenza del poeta e scrittore Giovanni Boccaccio, carismatico autore del Decamerone, e di altri artisti come Benozzo Gozzoli ospitati per abbellire la chiesa dei Santi Tommaso e Prospero.








Anche se le funzioni politiche e giurisdizionali erano di notevole importanza, Certaldo venne profondamente sfruttata nell’agricoltura. Per incrementare la produzione furono costruiti insediamenti a fondovalle che si ingrandirono nel corso degli anni fino ad una clamorosa urbanizzazione a metà ‘800 spinta dalla realizzazione della vicina linea ferroviaria Siena-Empoli. Di conseguenza si svilupparono le prime aziende manifatturiere e industriali che arricchirono il commercio della cittadina trascurando però il valore politico e amministrativo di Certaldo Alto. Tali poteri si persero nel tempo senza particolari ripercussioni negative: il nucleo più antico continua a vivere grazie alla valorizzazione dei suoi monumenti e alla cura delle sue piccole strade affascinando visitatori da tutto il globo.





Nonostante le dimensioni esigue, il borgo è pieno di ristoranti e osterie dove la cucina più tradizionale fa da padrona con poco spazio all’innovazione. Un pizzico di originalità si trova all’Osteria del Vicario, dove aperitivi e pranzi luculliani possono essere consumati su una terrazza da sogno, mentre la tradizione è di casa ai ristoranti Da Messer Boccaccio e L’Antica Fonte che garantiscono tartufo, carne fiorentina e cinta senese di qualità oltre a vini di indiscutibile eccellenza.

Rimanendo in tema etrusco, dopo una rilassante mattinata passata tra le graziose mura di Certaldo, è imprescindibile dirigersi a sud-ovest dentro la provincia di Pisa alla scoperta dell’imponente Volterra. Servono poco meno di quaranta chilometri per arrivare davanti alle immense mura di cinta che, oltre ad incutere timore, suggeriscono la grandezza raggiunta già molto tempo prima del Rinascimento e del Medioevo: per l’esattezza durante l’età del ferro quando Veláthri era una delle capitali della confederazione etrusca.
Grazie al benessere derivante dai floridi commerci e dai ricchi giacimenti minerari, la città visse un lungo periodo di splendore rispetto ad altre poiché meglio protetta e molto più lontana dalla nascente e minacciosa Roma. Anche se nel III secolo a.C. dovette accettare la superiorità dell’Impero sacrificando parte dell’indipendenza, i rapporti rimasero amichevoli fino allo scoppio della guerra civile romana il cui esito sancì il tramonto di Volaterrae: la città fu saccheggiata, privata di terreni e diritti (anche se in parte riacquisiti qualche anno dopo).


Dopo diversi anni di anonimato, nel V secolo d.C. la città venne presa di mira dai Longobardi e dai Franchi diventando un’importante sede ecclesiastica presieduta da Galgano Pannocchieschi, vescovo fortemente voluto da Federico Barbarossa. Tuttavia l’atteggiamento dispotico del governatore suscitò un forte malcontento tra gli abitanti che, inferociti, si rivoltarono organizzando il suo omicidio. Con il potere vescovile calante e l’orgoglio cittadino volterrano crescente, i signori della città ordinarono la progettazione del Palazzo dei Priori nel 1208 per prendere in mano il controllo amministrativo del centro.






L’evoluzione della borghesia si notò nella continua costruzione di dimore nobiliari le quali, sebbene abbellissero il centro urbano, lasciavano presagire intense lotte di potere tra le varie famiglie. Infatti svariate di esse furono alla guida di Volterra nell’epoca delle Signorie ma altrettante furono cacciate specialmente con l’ulteriore rivalità tra Guelfi e Ghibellini. Nonostante i contrasti interni, i poteri forti seppero instaurare una solida rete di rapporti politici e commerciali con le vicine Firenze, Siena e Pisa in modo da garantirsi una serena indipendenza che durò per la maggior parte del tempo sotto la guida della famiglia Belforti.




Purtroppo non tutti i membri della casata furono in grado di amministrare la città con “furba” intelligenza: l’ultimo discendente della famiglia Belforti governò con tirannia suscitando la rabbia degli abitanti che lo linciarono e condannarono a morte secondo un processo sommario. Con i disordini ancora in corso, Firenze colse la palla al balzo e si impossessò facilmente di Volterra depredando chiese e abbattendo torri simbolo delle casate volterrane nel 1472.


Con la famiglia Medici a capo, la città seguì le vicende del Granducato di Toscana in relativa tranquillità fino al ‘600, periodo in cui la temibile peste scoppiò ben due volte creando una brusca flessione demografica; in più, come se il fato volesse accanirsi a tutti i costi sui volterrani, nel ‘700 una clamorosa siccità piegò in maniera significante l’economia locale.
Con il Granducato alla fine dei suoi giorni, gli Asburgo Lorena presero facilmente in mano Volterra rinvigorendo le casse con nuovi sbocchi commerciali favoriti dalla produzione del sale e dalla lavorazione dell’alabastro ancora oggi molto rinomata. La tanto attesa ripresa economica e demografica fu effettiva, inoltre la città venne ampliata e abbellita urbanisticamente diventando magnifica come la vediamo oggi.




Tanta bellezza non poteva mancare anche nella gastronomia di matrice toscana offerta in diverse varianti. In un comune così vasto da visitare a piedi fanno bella mostra di sé le paninerie come La Sosta del Priore, puro street food in cui sontuosi panini sono farciti di materie prime locali e prodotti artigianali, altrimenti i più rilassati possono trovare comfort e “toscanità” presso Osteria La Pace e Enoteca Del Duca dove i piatti provenienti dalle tradizioni più antiche sono accompagnati dai vini più pregiati. Qualora si voglia unire l’utile al dilettevole, Porgi l’Altra Pancia funge da bottega per l’acquisto di prodotti tipici e ristorantino per succulente degustazioni.
Il pranzo consumato (per non dire “divorato”) all’Enoteca Del Duca, ristorante gestito dalla famiglia di Genuino Del Duca, si è rivelato di gran pregio. Il locale si trova all’interno di un edificio costruito tra il XII e XVI secolo, tale peso storico è enfatizzato dalle bellissime volte in pietra che contornano le varie sale finemente ristrutturate. Qualora il tempo lo conceda si può usufruire del grazioso dehors circondati da mura etrusche: l’atmosfera rilassante, il garbo e l’impeccabilità dei camerieri danno piena concentrazione al palato per assaporare le varie portate prese dalla tradizione toscana più pura oppure con qualche rivisitazione da alta cucina. E come accompagnamento all’esperienza? Vini della regione (e non) rappresentati da centinaia di etichette come il Rosso di Montalcino Fattoi 2018 oppure l’azienda di famiglia Podere Marcampo.



In conclusione la città quasi costringe il visitatore a rimanere per la varietà storica e culturale che si esprime sotto molti punti di vista. Visitare monumenti del passato tumultuoso ma ricco di momenti luminosi, gustare la golosissima cucina locale e assistere alle rievocazioni medievali sono quanto di meglio ci si aspetterebbe da un tour in giro per la Toscana.
E c’è ancora molto altro da scoprire nei prossimi giorni.
