I Titani tra il Cilento e la Val Tanagro.

I Titani tra il Cilento e la Val Tanagro.

13 Febbraio 2022 Off di Dario Tomasiello

La Campania è una regione sorprendente dal punto di vista paesaggistico, una grande varietà di panorami si staglia all’orizzonte dalle coste marittime fino alle zone interne in cui valli e alture si alternano a vicenda. Il Cilento, come più volte accennato, presenta tali caratteristiche che diventano particolarmente suggestive allontanandosi dalle rotte turistiche più blasonate verso il cuore del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Il mare ormai lontano lascia il posto ai boschi e alle colline colme di uliveti, intorno sono sparpagliati borghi e paeselli tipici delle zone rurali più fredde e umide dove solitamente crepitano caldi focolari in cucine di pietra. Il clima più “impegnativo” è dovuto dalla presenza di fiumi come il Tanagro e da uno dei massicci montuosi più importanti del parco: i Monti Alburni.

I Monti Alburni creano ombre quasi minacciose.

La forma del complesso ricorda le più note Dolomiti anche se l’altitudine massima, segnata sul Monte Panormo, è di “soli” 1742 metri. La natura calcarea della roccia ha dato atto nel corso dei secoli a molti fenomeni carsici confermati dalle oltre 2000 grotte e cavità nella quale sono stati rinvenuti numerosi fossili risalenti al periodo Cretaceo.

Tra i geositi visitabili spiccano per lunghezza, complessità e bellezza le Grotte di Castelcivita e le Grotte dell’Angelo di Auletta/Pertosa chiuse durante l’inverno per fermo biologico. In periodi migliori dell’anno diventano mete imprescindibili per scoprire il Cilento nascosto e lo spettacolo naturale sotto forma di stalattiti, stalagmiti e altre forme astratte esaltate da luci artificiali d’atmosfera.

Il paesaggio circostante, anche a 700 metri di altitudine, è incantevole. In foto la Val Tanagro ricca di rilievi.

Gli Alburni, oltre ad offrire emozionanti esplorazioni sotteranee, sono ricchi di sentieri a contatto con il verde. A prima vista i monti sembrano formati solo da bianca e nuda roccia ma, in realtà, la flora boschiva è particolarmente rigogliosa e cambia man mano che si sale di altitudine. Da Petina e da Sant’Angelo a Fasanella si può raggiungere l’osservatorio astronomico Aresta a oltre 1000 metri percorrendo un’intricata strada asfaltata che attraversa incantevoli foreste attrezzate per il picnic. Attenzione durante l’inverno: spesso sul manto stradale si formano pericolosi lastroni di ghiaccio.

Gli appassionati di trekking desiderosi di raggiungere le cime più alte e gli eremi più isolati non attraverseranno solo boschi lungo il loro cammino ma affronteranno anche dure salite rocciose inframezzate da più rilassanti tratti pianeggianti essendo il massiccio simile ad un altopiano. Per saperne di più sulla rete sentieristica visitate il sito molto completo qui.

Sui fianchi delle montagne emergono paeselli e borghi deliziosi.

Ma c’è anima viva? O è tutto un belvedere con zaino e viveri in spalla? Assolutamente no, su tutti i versanti degli Alburni sono ubicati piccoli comuni dal fascino unico dove l’accoglienza è meno formale e più schietta, calda, familiare. Il turismo meno pressante ha fatto sì che molti borghi seguissero un percorso segnato esclusivamente dai propri abitanti, dunque non saranno presenti entusiasmanti opere d’arte o strabilianti architetture del passato ma testimonianze umili tutelate per lo più dalle amministrazioni locali.

Ad esempio Petina, caratteristico paese di montagna sulle pendici orientali degli Alburni, sembra passabile ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle sue dimensioni. L’aria pura si respira sotto gli alberi di Via Nuova, il fascino antico si può ammirare sul piccolo Corso Umberto I tra edifici storici e vicoli rurali, la pausa pranzo al Ristorante Marino è probabilmente la miglior sosta golosa a base di cucina tipica del circondario.

Il tratto pedonale di Via Nuova.
Andando verso il centro storico: in fondo la parrocchia di San Nicola di Bari.
Il Corso Umberto I.
Dal corso si aprono vari vicoli caratteristici.
Durante i mesi più freddi Petina è estremamente silenziosa.

Le architetture più interessanti risalgono al ‘500 e al ‘700 ma il territorio era già conosciuto in epoca Romana: molte ville sorgevano sulle alture circostanti (compresa una necropoli) data la vicinanza con l’antica Via Popilia che collegava Roma e l’estremo sud della penisola. Le tracce più antiche e meglio conservate risalgono però all’Alto Medioevo quando giunsero dei monaci basiliani con le rispettive famiglie fondando il centro di Borgo Massa e costruendo il suggestivo monastero di Sant’Onofrio.

Il monastero di Sant’Onofrio, in condizioni non proprio di perfetta salute, sorge a pochi chilometri da Petina.
Il contesto circostante colmo di uliveti emana un gran senso di pace.

Con il passare del tempo l’insedimento crebbe in maniera piuttosto modesta fino ad essere parte del circondario di Postiglione nell’800, periodo di notevole tumulto sociale dovuto alla nascita del Regno d’Italia e al fenomeno del brigantaggio molto attivo intorno agli Alburni.

A tale circondario faceva parte un altro comune oggi degno di una visita approfondita: lasciando Petina per la strada provinciale 35 si viaggia costeggiando la maestosa parete verticale del massiccio a sinistra e il magnifico panorama della Val Tanagro con i Monti Picentini a destra fino a raggiungere Sicignano degli Alburni, piccolo borgo dalla quale svetta un castello.

Lungo la strada provinciale si aprono piccoli panorami sulla Piana del Sele.
La prima cosa che emerge avvicinandosi a Sicignano degli Alburni è il castello.

Secondo gli storici il toponimo deriva dal nome del propietario terriero Sicinius, condottiero dell’epoca costantiniana inviato a combattere il popolo dei Sabini dediti al saccheggio delle campagne romane. Con la caduta dell’Impero, gli abitanti dell’insediamento, si ritirarono sulle alture per difendersi meglio da eventuali invasori. Solo con l’avvento dei Longobardi e poi dei Normanni la zona si ripopolò di nuovo: venne costruito un maniero oggi conosciuto come Castello Giusso (nome dell’ultima famiglia in carica fino alla fine dei feudi) ed intorno ad esso si formò un villaggio che, col passare del tempo, si ingrandì abbastanza da richiedere spesse mura difensive.

Il Castello Giusso

Nel 1806 le truppe francesi di Napoleone, nel pieno della gloria, entrarono a Sicignano dedicandosi al saccheggio e alla devastazione più sfrenata colpendo gravemente anche il castello. Solo grazie a Ferdinando IV di Borbone il maniero e il nucleo più antico furono ricostruiti riacquisendo l’aspetto suggestivo visibile ancora oggi.

Grazie ad un comodo parcheggio a pochi passi dal centro storico si entra quasi immediatamente tra i vicoli caratteristici da scoprire e attraversare per raggiungere monumenti e belvedere panoramici. Essendo un comune relativamente piccolo non occorre allontanarsi molto per visitare le principali attrazioni, così come non serve cercare a lungo dei locali per il food di qualità: Sì, Ma Quant’ Sit? e Nonna Adele sono trattorie nude e pure nella vicina frazione di Scorzo il cui obiettivo è di offire cucina di tradizione senza fronzoli, gli amanti della pizza invece troveranno gran soddisfazione alla Pizzeria Da Cicchetto dove la leggerezza dell’impasto a lunghissima lievitazione viene accompagnata dal gusto intenso delle materie prime locali.

La cinquecentesca chiesa di San Matteo e Santa Margherita.
In alcune strette vie vige la cura tipica dei borghi.
Il panorama dal punto in cui sorge il castello è mozzafiato.

La giornata scivola via velocemente vivendo a passi misurati il contesto storico/paesaggistico, eppure si è solo all’inizio di un viaggio che comprenderà i versanti più entusiasmanti dei Monti Alburni: la prossima tappa illustrerà i magnifici borghi di Postiglione e Castelcivita sul lato occidentale del massiccio.

A brevissimo!

Un assaggio della prossima tappa: Postiglione.