Alla scoperta di Volcei e del suo circondario.

Alla scoperta di Volcei e del suo circondario.

24 Aprile 2022 Off di Dario Tomasiello

Dopo aver visitato buona parte della Valle del Sele e dei Monti Alburni appare chiaro che l’entroterra della Provincia di Salerno può riservare piacevoli scoperte. Le bellezze paesaggistiche lasciano davvero senza fiato e sparsi per il territorio vi sono suggestivi borghi i cui abitanti sono legati alle più antiche tradizioni contadine. Però la natura umile di questi luoghi non deve trarre in inganno poiché la loro storia è strutturata anche da vicende gloriose e sorprendenti.

Spostandosi ad oriente rispetto ai monti Marzano ed Eremita, al confine con la Basilicata, si entra in un’atra area antichissima le cui prime civiltà risalgono al Neolitico. A rappresentare al meglio la storia del territorio, ben saldo su un vasto piano di origine carsica tra i comuni di Palomonte e San Gregorio Magno, è Buccino, conosciuto in tempi lontani come Volcei.

Buccino sorge su un’altura tra verdi colline.

Nelle piccole frazioni del comune sono state rinvenute numerose tracce risalenti non solo al Neolitico ma anche all’età del bronzo e all’età del ferro, attualmente raccolte al Museo Archeologico Marcello Gigante a testimoniare il gran numero di insediamenti esistenti prima dell’arrivo dei Lucani. Grazie a questi ultimi, intorno al VII secolo a.C., si sviluppò il primo centro altamente urbanizzato il quale passò nelle mani dei Romani dopo la “guerra sociale” diventando Municipium Volcentium.

Nel centro storico, sotto all’abitato attuale, sono preservate le antiche strutture romane. In foto l’insula di Piazza Amendola.
Nell’agorà svettava il bouleuterion, edificio che ospitava il consiglio cittadino.
In una città così importante non potevano mancare le terme dai pavimenti ricchi di mosaici.

Data l’ottima posizione geografica, sotto il vessillo Imperiale, la città fiorì notevolmente con nuovi quartieri, templi e strutture come il ponte San Cono sul Fiume Bianco. Purtroppo, come la storia ci ha più volte accennato, per l’Impero giunse un’epoca di declino con l’impoverimento e l’abbandono di molte ricche città come Volcei. La ripresa si presentò solo grazie ai Normanni che, tipico nei loro usi, costruirono un castello nel XII secolo d.C. e avviarono la riurbanizzazione della città nel pieno rispetto dell’assetto romano.

E’ molto probabile che il maniero sia stato costruito su una base molto più antica del XII secolo.
Veduta sul quartiere moderno di Buccino.
Tra le strutture del castello spicca l’imponente mastio di derivazione normanna. Gli archi e le torri circolari furono realizzate durante l’epoca Angioina.

Il maniero, non particolarmente importante nello scacchiere difensivo del Regno, fu dimora di varie famiglie feudali come i Lamagna di derivazione Angioina e i potenti napoletani Caracciolo. Durante il periodo delle baronie Buccino diventò sempre più grande senza intaccare le basi originarie antichissime anche se dovette affrontare le conseguenze dei rovinosi terremoti del 1466 e del 1561.

Angoli e vicoli circondati dal silenzio.
La bellezza di un borgo tipico.
Buccino si fa apprezzare anche per i quartieri tipicamente medievali.
Il recupero degli edifici in seguito al terremoto dell’Irpinia è stato svolto in maniera esemplare.
Il fascino dei portali in marmo bianco.
Il centro storico è esteso e richiede tempo per essere visitato. Ovviamente a piedi e in totale tranquillità.

Nell’800 tutta la zona della Valle del Sele e dell’Alto Tanagro fu interessata dai moti rivoluzionari contro i Borboni e dai fermenti che portarono all’Unità d’Italia, vicende che furono sì tumultuose ma non come durante la Seconda Guerra Mondiale: nel 1943, nel tentativo di bloccare la ritirata dei tedeschi dal Sud Italia, Buccino venne pesantemente bombardata dagli Alleati durante lo sbarco di Salerno provocando malauguratamente la morte di numerosi civili.

Il terremoto del 1980, altrettanto rovinoso come i precedenti, diede l’opportunità alla Soprintendeza Archeologica di Salerno di conciliare il piano di ricostruzione con il recupero delle vestigia antiche di Volcei con un progetto ambizioso, ovvero il parco archeologico urbano. Il complesso inaugurato nel 2003 mostra al visitatore uno scenario storico esaltante e perfettamente fuso nel tessuto urbano moderno: a pochi passi di distanza si possono ammirare le antiche porte d’ingresso, gli edifici romani con i loro mosaici, il famoso complesso rupestre di via Egito, il castello Normanno e il museo archeologico all’interno dell’ex convento degli Agostiniani.

Si può dire che il parco archeologico urbano è circoscritto dalle medievali porte d’ingresso del borgo: Porta Consina, Porta San Mauro e Porta Sant’Elia. In foto Porta Consina.
L’insediamento rupestre di via Egito.
Il chiostro dell’ex convento quattrocentesco ora Museo Archeologico Marcello Gigante.
Tra i numerosi reperti figurano grosse quantità di vasellame realizzate in varie epoche.
Tra attrezzature da lavoro e armi non mancano anche gioielli in bronzo, argento e persino oro.
Un antico elmo risalente VII secolo a.C.
Il pavimento finemente decorato è stato recuperato dalla sala banchetto di una dimora sacra in località Santo Stefano.
Della villa appena accennata si dice si praticasse il culto dell’acqua legato al mito di Mefite. I gioielli in oro sopra probabilmente appartenevano ad una sacerdotessa del suddetto culto.

La visita dei vari siti richiede una notevole quantità di tempo a disposizione, fortunatamente non mancano ristoranti e agriturismi per rifocillarsi dalle lunghe camminate anche se, in un comune così culturamente ricco, le strutture ricettive non sono tante come in altri borghi dallo stesso valore. In ogni caso, data la vastità del territorio allo stato rurale, il cibo locale a km 0 è garantito e di alta qualità: i peperoni cruschi, le patate, il buon olio d’oliva extravergine e i legumi sono materie prime che si trovano facilmente in piatti cucinati secondo le tradizioni locali. Ad esempio al Ristorante Montestella Lu Scarpariell, in un ambiente semplice ma moderno, si può gustare una discreta varietà di portate di terra (e di mare qualche volta) con proposte nuove giorno dopo giorno. Peccato solo per la pochissima scelta di vino, tuttavia i meno esosi sicuramente gradiranno il Montepulciano della casa.

Tagliolino “Mbriaco: tagliolini al sugo leggermente piccante e gamberi.
Vero “foodporn”: scamorza arrostita con uovo soffritto e peperone crusco.

La ricchezza e il fascino di Buccino sono quasi unici in Campania, il circondario però cela altri luoghi suggestivi che meritano uno sguardo. Ad esempio San Gregorio Magno, il cui nome deriva dal Papa Benedettino Gregorio I, nacque come semplice casale ed ebbe voce in capitolo solo nel tardo Medioevo durante la costituzione dei feudi con lo scopo di procurare provviste e forza lavoro ai regnanti. Nel corso del XVI secolo il villaggio crebbe diventando una cittadina in mano a varie famiglie nobiliari mantenendo le radici operaie ed umili del piccolo borgo. Tale umiltà oggi si nota dalle tradizioni popolari tramandate e divulgate sotto forma di eventi folkloristici come il suggestivo “Baccanalia“, festa dedicata al cibo e al vino locale all’interno del piccolo centro storico in cui numerose cantine in pietra vengono aperte per l’occasione.

La bellissima via Bacco.
Il viale è costeggiato da centinaia di piccole cantine costruite nella roccia per la conservazione ottimale dei prodotti locali.
Prima del Covid, “Baccanalia” chiamava a gran voce migliaia di persone tra musica, cibo e (ovviamente) vino.

Origini di altro spessore sono invece quelle di Ricigliano che in epoca Imperiale, dopo esser stata fondata dai Greci, divenne un’importante colonia romana. L’unica testimonianza della sua ricchezza si trova in località Santa Maria sotto forma di villa rustica poiché molto è andato perduto durante l’invasione dei Goti di Alarico i quali distrussero le fondamenta di Ricigliano e i suoi sette casali. Incolume invece è il Ponte di Annibale, distrutto e poi ricostruito dagli stessi Romani vincitori contro l’eroe cartaginese, la cui semplicità dei materiali unita al sapere ingegnieristico ha resistito per ben 2000 anni.

Ai conflitti scatenati dall’essere umano si aggiunsero le tragedie della natura: il territorio ad alto rischio sismico mostrò tutte le sue crepe sia durante il periodo feudale (in cui governavano i D’Alemagna, i Sanseverino e i Caracciolo) sia nel famoso 1980 radendo al suolo molti edifici storici e lasciando in piedi solo le mura del castello e il convento di Santa Caterina in stato desolante. Nonostante l’ombra del passato oggi Ricigliano si presenta con un volto nuovo e grazioso grazie alla efficiente ricostruzione di tutti i quartieri.

Il borgo conserva il triste ricordo dell’ultimo terribile terremoto.
Gli scorci naturali colpiscono dritto al cuore.
Il municipio di Ricigliano.
La chiesa di San Pietro Apostolo.
Dal belvedere si possono ammirare degli spettacolari panorami sulle montagne che sconfinano nella Basilicata.

Se in alcuni paesi lo sforzo di tornare alle proprie vite è riuscito, lo stesso non si può dire di altri dove il sisma ha lasciato profonde ferite non risanate da un concreto piano di recupero. L’esempio di maggior rilievo è il borgo fantasma di Romagnano al Monte il quale si presenta come cristallizzato al 23 Novembre 1980, giorno in cui gli abitanti del piccolo comune conobbero la paura e furono costretti ad abbandonare case ed affetti.

Romagnano al Monte.

Dal nome si evincono le origini Imperiali dell’antica Roma ma gli edifici rimasti in piedi mostrano chiare influenze risalenti all’anno 1000 quando sorse sul crinale della montagna un castello che, come capita nella maggior parte dei casi, contribuì alla formazione di un nucleo abitato dedito all’agricoltura e alla pastorizia. L’esistenza del borgo fortificato purtroppo fu minata da varie disavventure: non solo attività sismiche ma anche gravissimi casi di epidemia seguiti da carestie.

Passeggiare in un paese disabitato può incutere inquietudine.

Camminando dove possibile e con estrema precauzione tra le strade di Romagnano si scorgono vedute panoramiche mozzafiato che stridono con la desolazione dei rioni distrutti. A rendere lo scenario più atroce sono i “nuovi” edifici antisismici mai ultimati e oggetto di meschini atti vandalici, parte di un progetto ambizioso semi-sovvenzionato dall’Europa per un rilancio turistico del borgo che chissà quando avverrà.

La chiesa della Madonna del Rosario potrebbe essere un piccolo gioiello se i lavori di restauro riprendono con costanza.
Erbacce e macerie coprono i viottoli del borgo.
Una cucina risalente al dopoguerra. In questi casi la commozione prende il sopravvento.
La posizione a 650 metri di altitudine consente magnifici colpi d’occhio.
Si fatica ad immaginare l’aspetto originario del borgo.
Sarà un futuro angolo di paradiso?

Si conclude così l’itinerario di Buccino, lungo e affascinante con tanti momenti di riflessione sull’uomo e sulla natura che talvolta non sembrano trovare un accordo. Ma il tempo, poco clemente, mette tutti in riga e funge da giudice di ciò che è successo nel passato e nel presente lasciandoci immagini di sentenze estasianti o tristi, in un modo o nell’altro utili per immaginare e pianificare un futuro migliore.