
L’insospettabile ricchezza di Castellammare di Stabia.
La Provincia di Napoli si può definire una grande culla colma di peculiarità che attira e incanta visitatori dall’Italia e da tutto il mondo. Il mare brillante, la costa tortuosa, i paesaggi rurali dell’entroterra e la cultura partenopea sono elementi caratteristici che si evidenziano in quasi tutta la regione da tempo immemore.
Il maestoso Vesuvio, la grandezza della città di Napoli e il fascino ancestrale di Pompei (qui per saperne di più) catturano la curiosità dei più dimenticando però che nei dintorni c’è tantissimo altro da vedere e scoprire. Diversi comuni limitrofi alle località turistiche più gettonate nascondono pregevoli testimonianze di epoche passate e svelano scorci di una bellezza che riscalda il cuore.

Uno di questi è Castellammare di Stabia, solare cittadina alle porte della Costiera Sorrentina abbracciata dai Monti Lattari e dal Golfo di Napoli. Le sue origini di data incerta risalgono più o meno a quando la regione fu dominata dai Sanniti e, successivamente, dai Greci che colonizzarono in lungo e in largo le fertili terre intorno al vulcano. Il primo insediamento dal nome di Stabiae crebbe velocemente dotandosi di spesse mura fortificate quando i Romani prevalsero durante la campagna di occupazione dei territori ellenici.
La vita da roccaforte durò poco con lo scoppio della Guerra Sociale e di altri conflitti che inflissero seri danni al centro il quale si trasformò, col passare degli anni, in un rilassante luogo di villeggiatura per patrizi romani. Purtroppo, nel 79 d.C., la furia del Vesuvio riservò alla città la stessa sorte di Pompei ed Ercolano: seppur causando poche vittime, Stabiae scomparve sotto una fitta pioggia di cenere e lapilli roventi.
Tuttavia non tutto di quel periodo andò perduto soprattutto grazie all’impegno di Libero D’Orsi che, nel 1950, avviò profonde opere di scavo parzialmente cominciate anni addietro dai Borboni. Il grande interesse dell’archeologo portò alla luce alcune rinomate dimore patrizie (Villa San Marco e Villa Arianna) e gli affreschi della Grotta di San Biagio, tempio dedicato a Plutone prima e chiesa benedettina dopo.






L’antica città, persa per sempre, non diede per vinti i superstiti che si organizzarono per fondare un nuovo centro più vicino alla costa. In pieno Medioevo l’insediamento entrò a far parte del Ducato di Sorrento e fu rinforzato con mura che si chiudevano intorno ad un imponente castello denominato Castrum de Stabiis ad Mare.
Il maniero, potenziato ulteriormente all’arrivo degli Svevi e degli Aragonesi, fu parte di una corposa linea difensiva che comprendeva torri ed altri castelli tra cui quelli di Gragnano, Pimonte e Lettere con lo scopo di proteggere la costa dalle frequenti scorrerie.




Fu un periodo fiorente per la cittadina la cui economia si poggiava in particolar modo sul vivace porto commerciale, inoltre fu dato risalto all’aria salubre dei vicini Monti Lattari tanto che gli Aragonesi vi eressero una grande villa per le vacanze estive (la quale ispirò Giovanni Boccaccio per il suo Decameron).
Il ‘500 vide la famiglia Farnese salire al potere del feudo di Castellammare con alcuni progetti di rinnovamento della struttura urbanistica tra cui la costruzione di un nuovo palazzo di corte: il Palazzo Farnese, oggi sede del Municipio. Tuttavia i maggiori cambiamenti scattarono due secoli dopo, ovvero quando Carlo di Borbone prese il controllo della città trasformandola in uno dei centri più floridi del Regno di Napoli.
Molta attenzione si pose nel potenziare l’industria con l’edificazione di fabbriche e cantieri navali ma non meno importante fu il progetto di una linea ferroviaria collegata direttamente a Napoli, infine venne ampliato il vecchio palazzo reale degli Aragonesi nominato poi Reggia di Quisisana (attualmente sede del Museo Archeologico Libero D’Orsi) ispirando molti nobili napoletani a realizzare le proprie ville a Castellammare per godere del buon clima e delle cure termali.

Il progresso industriale sembrava non avere fine dopo l’Unità d’Italia ma un breve arresto si verificò durante la Seconda Guerra Mondiale, fase che vide i partigiani della città impegnati nella difesa dei cantieri navali contro le truppe tedesche. Dopo il conflitto ci fu un nuovo sviluppo economico che fiorì non solo grazie alle fabbriche tornate a pieno regime ma anche al turismo e alle Nuove Terme, centro benessere tra i più moderni in Europa negli anni ’60.
Oggi, malauguratamente, le terme sono dismesse ma la varietà paesaggistica rimane un forte richiamo per molti visitatori. Il mare e la montagna sono strettamente collegati da una funivia (qui gli orari ed altri dettagli) che da Castellammare sale ai 1100 metri del Monte Faito, montagna della catena dei Lattari in cui ammirare panorami mozzafiato e beneficiare di aria pura in maestose faggete.




Di notevole interesse è anche il pieno centro di Castellammare: Corso Giuseppe Garibaldi è probabilmente la via più glamour, gettonata per lunghe passeggiate sul lungomare fiancheggiato da ristoranti e pizzerie, ma per avvertire l’anima del luogo bisogna entrare nel centro storico in cui vicoli e palazzine si addossano l’uno sull’altro ricordando la suggestiva atmosfera dei quartieri popolari napoletani.












All’aspetto ambientale si aggiunge l’incontestabile valore aggiunto della ristorazione, principalmente cucina di mare o comunque tratta dalla tradizione partenopea. Come accennato in precedenza, il lungomare offre la maggiore scelta di locali in cui lo più spassionato avventore può trovare pane per i suoi denti godendo anche della piacevole brezza marina in uno dei tanti dehors esterni. Elencare i ristoranti di Corso Garibaldi è quasi inutile dato che sono tutti invitanti, ma tra loro spiccano il Lungomare Restaurant e il Uànema Ristorante Pizzeria dove gustare prelibatezze a base di pesce oppure un’ottima pizza. Un altro mondo invece lo stellatto Piazzetta Milù, immancabile presenza ristorativa di altissimo livello in un centro che non manca di esclusività.
Il Lungomare Restaurant convince particolarmente per la semplicità del cibo e dell’accoglienza che sono però curati con maestria e professionalità. La brigata di sala, mantenendo un profilo tra il familiare e il discreto, non lascia nulla al caso per far sentire il cliente a suo agio mentre Vincenzo Vaccaro, chef giovane ma con già molta esperienza alle spalle, propone letteralmente il mare nel piatto che sia un antipasto, un primo o un secondo con l’interessante scelta del crudo e qualche intrigante alternativa di terra. Qualunque leccornia essa sia poi c’è l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda il vino presente in numerose etichette nella corposa carta.





Castellammare di Stabia è un luogo a prima vista non facilmente inquadrabile, ma una volta dentro e carpito lo spirito si può solo apprezzare l’atmosfera, i paesaggi e soprattutto la cultura unica al mondo.