
Herculaneum e la nobiltà di Portici.
La Campania Felix, come più volte accennato, rappresenta la grandezza delle città e dei popoli nella regione campana durante il periodo Romano. Scoprire le sfaccettature e le ricchezze di una generazione così antica è tanto affascinante quanto “impegnativo” per la mole di monumenti e parchi archeologici sparsi soprattutto nell’area vesuviana.
Dopo aver scoperto la bellezza di una metropoli come Pompei (maggiori dettagli qui!) vale la pena continuare il percorso arcaico visitando la vicina Herculaneum, antichissimo centro della odierna Ercolano. L’aria che si respira nel Parco Archeologico di Ercolano non si dimentica facilmente, il salto nel passato è garantito camminando per le strade acciottolate e costeggiate da grandi domus patrizie.





Anche se la grandezza di Herculaneum non raggiunse i livelli di Pompeii, la città mostra tutte le caratteristiche di un centro ricco di attività e costruito seguendo una precisa fisionomia urbanistica. Non è ancora ben chiaro se il primo insediamento fu di origine Osca o Etrusca ma senza dubbio il progresso di spicco avvenne quando la civiltà Greca stanziò colonizzando anche buona parte del litorale vesuviano.
Tuttavia la cultura ellenica non ebbe il tempo di insediarsi profondamente come nel caso di Pompei dato che, nell’89 a.C., i Romani si impossessarono della città trasformandola in municipium. Da quel momento fu un crescendo di sviluppo grazie al tribuno Marco Nonio Balbo il quale dispose la costruzione di importanti edifici come la Basilica (o Augusteum), l’acquedotto, il teatro e due complessi termali.


















Il destino della città sembrava prospero fin quando non accadde una delle sciagure più note al mondo: l’eruzione del Vesuvio. Prima del tragico avvenimento, alcune avvisaglie dell’imminente eruzione si verificarono sotto forma di forti scosse sismiche nel 62 d.C. causando ingenti danni alle strutture dei maggiori centri vesuviani. Nonostante le difficoltà, ebbe inizio una profonda ricostruzione la quale purtroppo non terminò poiché, nel 79 d.C., il Vesuvio esplose brutalmente scaricando ceneri, lapilli e colate laviche su tutto il litorale. L’apocalisse durò quasi un giorno e causò migliaia di vittime per asfissia o investite dalla micidiale pioggia piroclastica; la quiete dei giorni successivi espose un paesaggio tristemente desolato che, dopo qualche anno, si trasformò in una lugubre palude abitata da bestie e briganti.




Con il trascorrere del tempo, il litorale da Napoli a Nocera, riprese lievemente vita con la formazione di piccoli villaggi grazie ai passaggi commerciali ma anche alle guerre che preannunciavano la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Così nacque il casale di Resìna il quale ebbe un certo rilievo durante il periodo feudale insieme a Torre del Greco, Cremano e la vicina Portici.
I nuovi centri, all’inizio del ‘400, erano posseduti dalla regina Giovanna II d’Angiò che, per esigenze economiche, decise di venderli a potenti famiglie napoletane come i Caracciolo. La vita feudale non scorse tranquilla tra la catastrofe naturale del Vesuvio, risvegliatosi nuovamente nel 1631 causando distruzione e migliaia di vittime, e la peste del 1656 la quale colpì in particolar modo Resìna.
Sebbene non eccessivamente caricati dalle tasse governative, gli umili cittadini di Portici, Torre del Greco e Resìna, impegnati per lo più nell’agricoltura e nella lavorazione della pietra lavica, decisero di praticare lo ius praelationis per riscattare i feudi ed essere liberi. Nel 1699 i casali pagarono ognuno una parte della spesa in base alle proprie caratteristiche demografiche, economiche e territoriali riuscendo a sciogliere il vincolo feudale.
L’arrivo dei Borboni nel 1738 a Portici diede inizio ad una nuova epoca di splendore. I primi ritrovamenti archeologici risalenti ai primi del ‘700 convinsero Carlo III ad erigere la rinomata Reggia non solo per seguire gli scavi ma anche per godere del clima salubre durante le vacanze estive. Ovviamente l’aristocrazia napoletana, per essere più vicina possibile alla corte borbonica, fece costruire lussuose ville a Portici, Ercolano ed altri centri limitrofi costituendo quel che si definì il Miglio d’Oro.










Nonostante l’arrivo dei francesi di Gioacchino Murat nel 1799 e il conseguente saccheggio di tesori, l’800 fu un periodo di grande sviluppo industriale con nuovamente i Borboni a governare. Tra le opere maggiori va menzionata l’apertura della ferrovia nel 1839 che collegava i centri del litorale a Napoli facilitando non solo il movimento pendolare ma anche i trasporti di materiali nelle fabbriche. Tuttavia Resìna non seguì il progresso e mantenne l’anima da centro agricolo rispettando la salubrità dell’ambiente, in tal modo si ritagliò la fama di luogo ideale per il turismo e le rinomate ville accolsero ospiti illustri da tutto il mondo.





Lentamente lo splendore dell’epoca borbonica andò scemando come naturale conseguenza del cambiamento dei tempi ma i palazzi nobiliari sono tutt’oggi ancora in piedi e ben tutelati (anche se non tutti) su Corso Resìna di Ercolano e Corso Garibaldi di Portici. Passeggiando per le arterie principali di entrambi i comuni si notano sfumature di antico e moderno, di nobile e popolare che confluiscono verso la massima espressione di architettura e raffinatezza della Reggia, trasformata in sede della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli e magnifico museo.






Del real sito di Portici sono splendidi anche i suoi spazi verdi: il giardino superiore funge da grande Orto Botanico con migliaia di piante dal Mediterraneo e dal mondo circondate da eleganti architetture borboniche, il giardino inferiore invece è un folto bosco liberamente accessibile per rilassarsi nell’ampia prateria o nei pressi della storica peschiera.






Per godere adeguatamente dei numerosi monumenti, l’accoglienza in materia di alberghi, B&B e ristoranti è più che soddisfacente. La cultura gastronomica partenopea domina le strade principali di Ercolano e Portici: i fritti della tradizione napoletana si trovano in qualsiasi rosticceria, il caffè viene servito rigorosamente “ristretto” e la cucina della tradizione invade le tavole delle trattorie. Naturalmente non tutto è alla vecchia maniera, i tempi moderni hanno dato molto spazio al concetto “bistrot” per curare al meglio l’esperienza gastronomica senza spendere troppo.
Gli amanti del crudo troveranno gioia al raffinato Cieddì CruRestaurant, mentre i più tradizionalisti si sentiranno piacevolmente a casa da Viva lo Re. Per maggiori esigenze gustative e di spazio Masseria Guida è un piccolo gioiello immerso nel verde dove poter pernottare e deliziarsi usufruendo del ristorante consigliato dalla guida Michelin.
Viva lo Re è particolarmente invitante per l’idea, molto semplice, di offrire una cucina senza troppi fronzoli dal rapporto qualità/prezzo altissimo nel centrale Corso Resìna di Ercolano. L’ambiente informale ricorda quello di una enoteca con tante bottiglie in bella vista (si parla di ben 1500 etichette) e delle graziose lavagnette che presentano il menù del giorno. I piatti cambiano frequentemente in base alla stagionalità e disponibilità delle materie prime e sono per lo più incentrati sul territorio, quindi senza ostentazioni coraggiose ma non privi di un pizzico di ricerca.




Inoltre in terra partenopea sarebbe blasfemia perdersi una gustosissima pizza che si differenzia da pizzeria a pizzeria più per motivi di blasone che non per qualità del lievitato. Le Parùle di Leopoldo Pignalosa rappresenta la conferma di eccellenza nel territorio di Portici e dintorni, ma al di fuori dei riflettori c’è altra scelta di qualità come nel caso di Comes Pizza e Cucina e Simone Fortunato Pizzeria.

Concludendo, le attività racchiuse tra Portici ed Ercolano, consentono una veloce e, allo stesso tempo, spensierata fuga dalla realtà con tanti spunti di riflessione. Un fine settimana tra i testimoni ancestrali della Campania Felix senza necessariamente focalizzarsi nello studio dei nostri antenati ma avendo la possibilità di ammirare e conoscere tutti i particolari di due comuni aventi un’eredità culturale ricchissima come poche altre.