
L’oro di Napoli #1
Per partenopeo non si intende solo un abitante o un territorio specifici ma un tratto che può maturare in un’atmosfera che non ha eguali nel mondo. Le caratteristiche di tale natura sono svariate e talvolta si trovano in contrasto tra loro: bellezza, ironia e determinazione vanno a braccetto con decadenza, disperazione e nervosismo.
L’ambiente multicolore in grado di emozionare, di turbare e di produrre lunghe riflessioni che si concludono con un semplice ma efficace “addà passà a nuttat” può esistere in un solo luogo: Napoli. La metropoli eterna, la cui nobile discendenza può competere con città come Roma e Milano, è un sogno burrascoso ed imprevedibile ma ricco di momenti epici ed estasianti.

Nel caos delle ampie strade trafficate e tra i viottoli in ombra da grandi lenzuola al vento, qualcuno sussurra racconti e aforismi di un’epoca che non c’è più o che forse è solo nascosta sotto una coltre di malessere generata dai peggiori tempi della criminalità organizzata. Ma tutte le grandi città possiedono un cuore nero, né sono esenti da antiche leggende soprattutto se nascono da fondamenta di origine ellenica.
Si racconta che Napoli fiorì dalle ceneri di Partenope, ammaliante sirena che si innamorò perdutamente di Ulisse durante il suo ritorno ad Itaca. Nella realtà, le ricerche archeologiche condotte nelle zone di Pizzofalcone e Materdei, hanno portato alla luce preziosi reperti risalenti al Neolitico a dimostrare la presenza di folti insediamenti che perdurarono anche durante l’Età del Bronzo e del Ferro.

La definitiva fondazione della città greca dal nome di Parthenope avvenne nell’VIII secolo a.C. per opera di alcuni abitanti cacciati dal tiranno di Cuma, Aristodemo. L’obiettivo fu quello di creare una seconda Cuma non molto estesa ed edificata secondo i concetti urbanistici della cultura greca che, nell’arco di pochi secoli, rese il nuovo centro tra i più importanti della Magna Grecia. Nel VI secolo a.C., la città rinominata Neapolis (letteralmente Città Nuova) godeva di un fiorente porto che garantiva commercio e ricchezza.
Oggi, le vie principali che suddividevano gli isolati, sono ancora lì calpestate da migliaia di turisti e sono conosciute con il nome di Decumani. Però c’è da precisare che la denominazione è di origine Romana: più e più volte i partenopei commisero atti ostili nei confronti dell’Impero che rispose tenendo la città sotto assedio per circa un anno. La vittoria dei Romani non fu una totale sconfitta per i cittadini locali poiché usi e costumi della tradizione Greca sopravvissero e la città si liberò, grazie ad uno stratagemma, dei Sanniti spadroneggianti.






Anche se Neapolis godeva di una discreta autonomia, il patto di solidarietà con Roma cambiò le carte in tavola nel bene e nel male. Il centro si ingrandì con ulteriori quartieri ed edifici di stampo Imperiale ma, nel frattempo, cresceva il numero di nemici che vedevano la città come un ostacolo da radere al suolo. Le guerre, tra cui la Seconda Guerra Punica e la Guerra Civile Romana, causarono non pochi disagi e la “promozione” a municipium diminuì l’autonomia greca generando confusione e rallentamenti dal punto di vista produttivo e commerciale.
Una discreta ripresa economica si ebbe nei primi anni dopo Cristo con l’inaugurazione dei Giochi Isolimpici, in onore dell’imperatore Augusto, che richiesero un vasto intervento urbanistico e monumentale rendendo la città un noto luogo d’attrazione. Il Tempio dei giochi Isolimpici è attualmente in stato di recupero nelle immediate vicinanze della stazione Duomo della metropolitana, un ennesimo caso di sbalorditivo ritrovamento archeologico che si aggiunge agli altri del suggestivo complesso di Napoli Sotterranea.

Il sottosuolo della città, composto da grandi ambienti e svariate gallerie in tufo, nasconde tracce importanti della cultura partenopea dagli antichi Greci ai Borboni. Siti di interesse storico, come Il Teatro Greco Romano e le Gallerie Borboniche, sono affiancati da cave in cui si studia la conservazione del vino tufello e la coltura di orti ipogei.











Il mondo sottoterra svela anche un profondo ed antico rispetto verso i defunti rappresentato dalle suggestive Catacombe di San Gennaro, dalle Catacombe di San Gaudioso e dal Cimitero delle Fontanelle (in apertura nel 2024) dove luce e ombra si alternano suscitando qualche brivido.











Visitando i complessi museali stupisce l’abbondanza di reperti e monumenti a dimostrare chiaramente la costante crescita culturale di Napoli anche dopo la civiltà greco/romana. In alcuni luoghi, ad esempio nelle Catacombe di San Gennaro, è chiara la mano della civiltà Bizantina che, nel 536, prese piede nella città conquistandola e trasformandola in ducato autonomo.
La nuova identità di Napoli non scongiurò le guerre contro Longobardi e Saraceni in rotta lungo tutta la penisola, tuttavia il X secolo aprì anche una parentesi pacifica con il popolo musulmano di Costantinopoli favorevole a ricchi scambi commerciali. Nel complesso il Medioevo, per quanto oscurato da continui conflitti, portò notevoli cambiamenti all’interno della società napoletana sotto il profilo architettonico e culturale anche grazie alla venuta degli Svevi e dei successivi Angioini.


Lo sviluppo del centro significò rafforzare le difese erigendo spesse mura e imponenti castelli alcuni dei quali funsero da dimora dei regnanti. I manieri, costruiti secondo le conoscenze progettuali dal 1100 al 1300, attualmente sfoggiano un aspetto medievale con alcune modifiche risalenti a svariati periodi, dal dominio svevo/normanno alla costituzione del Regno di Napoli fino all’avvento dei Borboni.






Sotto il vessillo dei D’Angiò, per oltre un secolo, la città divenne uno dei centri culturali più influenti d’Europa e del Mediterraneo: i ritrovi intellettuali e le scuole pittoriche erano in perenne fermento considerata la presenza di illustri personaggi come Petrarca, Boccaccio e Giotto i quali rivoluzionarono la storia della letteratura e dell’arte. Il ‘300 rappresentò anche un punto di svolta per l’abbellimento di palazzi e complessi religiosi opportunamente affrescati ed impreziositi da tele e busti di grandi maestri.














Dal quartiere del Vomero fino al romantico Lungomare Caracciolo è un susseguirsi continuo di chiese, palazzi e castelli che richiedono tranquillità e dedizione per essere visitati. Nel prosieguo si giunge velocemente al termine di una giornata che non è sufficiente a scoprire tutta la bellezza presente sopra e sotto il suolo di Napoli.
Le pause sono tassative per riconciliare la mente e, nell’occasione, si può approfondire un’altra imprescindibile caratteristica della città: la gastronomia. La cucina partenopea è “foodporn” allo stato puro data l’enorme varietà di pietanze le cui radici risalgono addirittura al periodo greco/romano. La colatura di alici e il condimento alla “scapece” sono tra gli esempi più antichi di specialità culinarie partenopee alle quali, con il passare del tempo, se ne aggiunsero altre data la vasta disponibilità di materie prime tipiche del Mediterraneo.


La scelta di ingredienti di qualità, unita alla maestria di cuochi di corte da un lato e alla necessità di nutrimento a basso costo tra le classi popolari dall’altro, ha dato vita ad un numero incalcolabile di piatti a base di pesce, carne, legumi e verdure.
Particolarmente noto al mondo, per semplicità e gusto, è lo street food napoletano in cui il cibo “povero” fa letteralmente esplodere le papille gustative: crocchè, pizza fritta, frittatina di pasta e pizza al portafoglio sono imperdibili tanto quanto i dolciumi dove spiccano le graffe affiancate da babà, pastiere, struffoli, sfogliatelle ed altre prelibatezze più di nicchia ma che comunque hanno fatto la storia della pasticceria partenopea.




Inoltre, data la sua acclarata notorietà, la pizza non ha bisogno di particolari presentazioni ed è l’eccellenza che più si associa alle gite culturali a Napoli. Ci sarà modo di approfondirla tra dipinti seicenteschi, dettagli barocchi e tesori di inestimabile valore nella prossimo capitolo sempre dedicato alla meravigliosa Napoli.